OGGI PARLIAMO… DI COSA CI PORTA LA PRIMAVERA

Finalmente la primavera è arrivata. Le giornate si allungano, si percepisce nell’aria un dolce tepore che invoglia a stare all’aperto e godere dei piacevoli raggi del sole. Si respira un nuovo profumo, il profumo della primavera che è il preludio del risveglio di tutta la natura dal lungo letargo invernale. Tutto si desta e riprende vita. Le piante mostrano le loro gemme e si preparano a rivestirsi di fiori e foglie. Gli insetti iniziano timidamente a mostrasi in volo.

Gli insetti, esseri essenziali ed insostituibili per la vita del nostro mondo, in questo periodo iniziano a riprenderne il possesso, dopo essere rimasti latenti durante tutto l’inverno, stagione che rappresenta per loro il periodo più difficile, di stasi.

Purtroppo non tutti sono così carini e idilliaci; alcuni sembrano creati apposta per infastidirci. Come dimenticare il disturbo che ci procurano durante i mesi estivi le mosche, le cimici delle piante, le formiche, gli afidi, e le aggressioni che dobbiamo subire dalle zanzare e dalle vespe? Ora questi nostri nemici stanno affilando le armi, preparandosi come ogni anno ad ingaggiare contro di noi una lotta che non sempre li vede vincitori.

Interessantissimi sono i sistemi che essi hanno escogitato per poter superare il periodo invernale. Alcune specie hanno trascorso l’inverno in forma di larva. Sono rimasti per l’intera stagione fredda in prossimità di una fonte di cibo, magari a poca distanza da dove era stato deposto l’uovo. Le larve della processionaria del pino, ad esempio, Thaumetopoea pityocampa, si fanno la loro dimora invernale sulle cime più alte dei pini, dove sono restate ben visibili all’interno dei loro grossi nidi per tutta la stagione. Questi bozzoli, grandi un pallone da calcio e formati dalle ragnatele di migliaia di larve, avvolgono la cima di più ramoscelli, delle cui foglie le larve si nutrono. Sono piccole ma numerosissime comunità, dove l’attività biologica di tutte le larve radunate contribuisce a mantenere una temperatura interna accettabile, e ad evitare il rischio di congelamento per i suoi ospiti.

Parecchi insetti trascorrono invece la stagione fredda sotto forma di uovo. Le uova si riattivano in questi giorni per schiudersi e liberare le larve. La zanzara tigre, Aedes albopictus, importata dall’Asia da pochi anni, è la nostra nemica più recente. Ha passato i mesi freddi come uovo, deposto in prossimità di qualunque ristagno d’acqua, anche piccolissimo e temporaneo, come una pozzanghera; alle piogge primaverili l’uovo si schiude, la zanzara completa in pochi giorni il ciclo di sviluppo larvale, ed è in grado di compiere i primi voli.

Altri insetti infine superano l’inverno da adulti, individui cioè completi di ali e di organi riproduttivi. Capita per le formiche e per le api, che rimangono poco attive, e per lo più rintanate nei loro rifugi, dai quali escono solo sporadicamente, in giornate particolarmente calde, oppure per affrontare eventuali situazioni di pericolo.

Non solo gli insetti sociali hanno questa strategia: Culex pipiens, la zanzara comune, si comporta in modo simile. Anche essa ha trascorso l’inverno come adulta, solitaria in rifugi caldi: qualcuno di noi l’ha inconsapevolmente ospitata in casa in questi mesi. Con la bella stagione, effettua i suoi primi pasti di sangue e depone le uova, ricominciando il ciclo per la nostra gioia.

L’accenno rapido e schematico ai cicli vitali di alcuni insetti, ci fornisce già un’idea chiara di quanto sia importante la conoscenza delle singole specie e del loro comportamento. La lotta ad un insetto molesto, come la processionaria o come le due zanzare citate, va operata a tempo opportuno e cum grano salis.

Sarebbe sciocco attendere, prima di fare una disinfestazione, che il nostro giardino sia invaso di zanzare che rovinano le nostre grigliate e le nostre serate al fresco sotto gli alberi. Il momento propizio per agire è questo, quando gli insetti sono ancora pochi e si stanno risvegliando dal riposo invernale. Vanno individuati i siti dove possono essere presenti uova o larve di zanzara: tutte le raccolte d’acqua, anche minime, vanno svuotate. Ove questo non sia possibile, l’acqua va trattata con prodotti appositi che impediscono lo sviluppo delle larve. Esistono a tal fine prodotti chimici, più aggressivi, ma anche prodotti biologici, a base di batteri patogeni delle larve.

Se si fa molta attenzione, e si agisce per tempo, proprio in queste settimane, diventa possibile far sì che la gran parte degli adulti non nascano neppure. La necessità di interventi massicci e generalizzati con insetticidi adulticidi sarà così ridotta, e noi potremo goderci indisturbati il piacere del nostro verde.

ANCHE GLI INSETTI NEL LORO PICCOLO IMPARANO

L’evoluzione di ogni specie biologica procede per gradini molto bassi, si potrebbe quasi dire per inciampi successivi, che portano una popolazione a scartare o selezionare determinate forme o comportamenti. Il dibattito su quanto siano frequenti oppure alti questi gradini, che ciascun gruppo di animali o di esseri viventi in genere debba affrontare, è aperto; da un secolo e mezzo, i biologi rielaborano l’insegnamento di Charles Darwin, proponendo sottoteorie sempre più elaborate per descrivere la storia di ciascun taxon.

Il disinfestatore si trova ogni giorno a contatto con animali soggetti, come ogni altro vivente, alle leggi dell’evoluzione; l’urgenza professionale che lo spinge ad analizzare questo fenomeno è del tutto peculiare. Sappiamo che Darwin, e con lui altri scienziati evoluzionisti, hanno tratto le loro conclusioni anche delle esperienze di contadini, allevatori, zoologi. Per certi versi, il punto di vista del disinfestatore è specularmente opposto, poiché egli guarda ad esseri viventi che sta cercando di contrastare: una posizione la nostra, poco empatica con l’oggetto di studio, ce ne rendiamo conto, ma spesso necessaria.

Di norma distinguiamo grossolanamente due categorie di animali infestanti: vertebrati ed artropodi. Tra i primi, roditori e volatili, si annoverano animali più simili a noi per caratteristiche anatomiche e fisiologiche, oltre che per comportamenti istintivi. Non fatichiamo per nulla ad immedesimarci in un topo che cerca di procurarsi il cibo senza essere visto, o in un colombo che deve raggiungere il nido dove nutrire i propri piccoli. Sono comportamenti che appartengono anche alla nostra indole, anche se fortunatamente non proprio alla nostra esperienza diretta. Quando studiamo le loro mosse, prevediamo istintivamente quali siano le loro priorità e quali risposte daranno a ciascun problema. Da qui deriva la parte più stimolante del nostro lavoro: osservare, ragionare, prendere decisioni; è quello che facciamo sia noi disinfestatori, sia i nostri antagonisti.

La condotta degli artropodi è decisamente diversa. Essi hanno scale di priorità profondamente differenti, e ci risulterebbe difficile solidarizzare con una blatta infanticida o con una formica che si immola ciecamente di fronte ad un pericolo. Non di addentriamo per ragioni di spazio nell’analisi della soggettività di un artropodo, cioè di quanto questi animali abbiano sviluppato una coscienza di se stessi, e quanto i loro comportamenti siano stati selezionati in modo da preservare la sopravvivenza e la riproduzione: del singolo individuo (poco); della popolazione, della famiglia o del gruppo geneticamente uniforme (molto spesso); della specie (mai?). Limitiamoci ad osservare che ogni loro comportamento è standardizzato, e quindi, una volta noto, più facilmente prevedibile e manipolabile. Dal nostro punta di vista, faticheremo molto di più a comprendere come possa un insetto volare insistentemente contro lo stesso vetro fino a sfinirsi, senza studiare percorsi alternativi; una volta però compreso il meccanismo, questo tenderà a ripetersi praticamente all’infinito, riservandoci poche sorprese.

Il lavoro del disinfestatore è quindi più meccanico quando rivolto ad artropodi, mentre nei confronti dei vertebrati sono necessarie maggiori doti di improvvisazione. Così dicendo, abbiamo ovviamente definito un confine grossolano, soggetto ad infinite sfumature, ed anche a qualche eccezione davvero interessante.

Citiamo un paio di recenti ricerche, una basata sulla semplice osservazione del comportamento in natura, l’altra eseguita inducendo una risposta in un ristretto numero di insetti. Partendo dalla seconda, il professor Chittka della Queen Mary University di Londra ha utilizzato dei bombi, insetti che molti conoscono come delle grosse api, molto carini perché pelosissimi e tutto sommato inermi, al contrario delle simili vespe.

In laboratorio, alcuni bombi avevano imparato che trasportando degli oggetti, delle piccole palline, in un determinato luogo, ne ricevevano in cambio una ricompensa, sotto forma di liquido zuccherino. Un bel passo avanti nell’apprendimento, ma nessun clamore: sono molti gli animali, noi compresi, che possono assimilare un compito per del liquido zuccherino, per un bicchiere di bibita gassata, o per chissà cos’altro. La sorpresa dell’esperimento sta nel secondo passo: altri bombi sono stati messi ad osservare le operazioni, ed una volta messi alla prova, hanno dimostrato di avere imparato osservando i propri simili; immediatamente si procuravano la ricompensa portando le palline al punto prescelto dagli sperimentatori. Complicando l’esperimento, i bombi sono stati messi alla prova con alcune palline che sembravano più comode, perché più vicine all’obiettivo, ma che erano impossibili da spostare perché incollate; anche qui i bombi hanno appreso senza problemi, semplicemente osservando i loro simili, quali palline conviene muovere e quali invece si rivelano uno sforzo inutile.

Una brutta botta per il nostro senso di superiorità di vertebrati: esistono insetti in grado di osservare ed imparare. (Molto meglio di alcuni frequentatori dei talk show elettorali.)

L’altra ricerca alla quale accennavamo si basa invece sull’osservazione delle zanzare, e dei loro comportamenti in natura, così come sono stati indotti e selezionati dell’uomo, anzi, dai disinfestatori. Numerose ricerche effettuate nei paesi tropicali, dove la zanzara anofele vettore della malaria causa ogni anno migliaia di vittime, hanno evidenziato un cambiamento nelle abitudini delle zanzare. Il DDT, e in genere gli insetticidi permessi ed utilizzati nei vari Paesi, vengono applicati negli ambienti chiusi direttamente sulle pareti, laddove si sa che le zanzare appoggiandosi entreranno in contatto con le sostanze in grado di ucciderle. Dopo decenni di utilizzo di queste tecniche, i biologi sul campo hanno osservato una sorprendente evoluzione: le zanzare non si appoggiano più sulle pareti, ma cercano in ogni modo di volare direttamente verso l’ospite da pungere. Hanno imparato ad evitare l’insetticida? Non proprio: hanno semplicemente seguito un classico meccanismo evolutivo. Tra le zanzare che non avevano mai conosciuto gli insetticidi, doveva già esistere una seppur minima differenza genetica che ne influenzava il comportamento: la maggior parte di esse procedeva per brevi voli verso l’ospite, appoggiandosi qua e là anche sulle pareti, prima di arrivare al pasto; la maggior parte, ma non tutte: altre zanzare volavano verso la nostra pelle direttamente dall’esterno, senza prima essere notate. Se le prime e più “normali” sono state falcidiate dall’applicazione degli insetticidi, coi quali venivano a contatto sulle pareti, le altre zanzare hanno avuto più possibilità di sopravvivere, e di riprodursi. La genetica, ed i comportamenti di una zanzara ad essa correlati, hanno necessitato di numerose generazioni per manifestarsi; tuttavia, nel giro dei decenni e delle centinaia di generazioni succedutesi nel frattempo, il cambiamento è avvenuto. Queste zanzare non si appoggiano più alle pareti. Si tratta di popolazioni costituite quasi interamente da discendenti di chi già in precedenza amava volare più a lungo. Anche l’utilizzo delle zanzariere a protezione dei letti, che in alcuni paesi tropicali rappresenta la più sicura autodifesa dalla malaria, ha indotto cambiamenti nel comportamento delle zanzare, che tendono ormai a non appoggiarsi alle reti sulle quali si smarriscono, o muoiono per contatto con gli insetticidi. Un brutto problema per i disinfestatori, che vedono ridursi l’efficacia delle applicazioni di insetticida alle pareti.

La risposta a questi problemi è duplice. Da una parte, senza dubbio l’innovazione è l’arma principale con la quale rimanere al passo, di fronte ad ogni cambiamento. Innovare in questo caso significa osservare ogni fenomeno, e studiare strategie nuove, insieme a tecniche, strumenti e prodotti chimici.

Accanto a ciò non dobbiamo dimenticare che cambiamenti evolutivi così repentini negli animali infestanti sono dovuti anche a comportamenti standardizzati da parte nostra. Di fronte al prevalere generalizzato di una ben precisa tecnica di disinfestazione, pensiamo ad esempio all’applicazione di esca in gel contro Blattella germanica, è ovvio che l’insorgenza di popolazioni resistenti sia solo questione di tempo. La resistenza si può manifestare sia come immunità ad un determinato prodotto chimico, sia come comportamento che elude la nostra tecnica applicativa, e qui la natura ci mostra puntualmente come sempre più ricca di fantasia rispetto a noi.

DISINFESTAZIONE FORMICHE

È chiaro a tutti che non esiste un solo tipo di formica. Gli entomologi ne hanno classificate a tutt’oggi circa 12mila. Di queste, sono grossomodo una decina le specie che più spesso troviamo come ospiti indesiderate nelle nostre case e laboratori.

Ricavano il loro nido nelle più disparate fessure che si aprono dietro piastrelle e battiscopa o lungo gli impianti elettrici ed idraulici di un edificio. Talvolta sono in grado di colonizzare le travi e le perline di un soffitto, dove vengono talvolta confuse con dei tarli.

La lotta a questi animali è un’impresa di difficile soluzione. L’uso indiscriminato di insetticidi in polvere o in aerosol, spruzzati dove sono state viste passare le formiche, dà risultati poco durevoli, e in pochi giorni si ritorna punto e a capo.

Costruisce un formicaio con una singola regina? Oppure ha più regine? O produce invece una colonia di più formicai gemelli ed interdipendenti, con numerose regine? E quale esigenza alimentare ha la colonia in questo momento: proteine, zuccheri?

Si provvede innanzitutto alla raccolta di un esemplare e alla sua analisi microscopica, poiché è importante determinare di quale specie effettivamente si tratti.

Accertata la specie, si possono fare supposizioni su quanti formicai ci siano, e in quale correlazione tra loro. Decidiamo in base a ciò se combatterli con un’irrorazione diretta, o meglio con esche alimentari specifiche.

A proposito di gruppi di formicai è stato accertato come la formica argentina, portata in Europa dall’uomo, abbia formato un’unica, gigantesca colonia formata da miliardi di formicai gemelli, diffusa dalla Liguria alle coste del Portogallo. Non è però vero quanto riportato quasi ovunque secondo cui sarebbe obbligatoria per legge la sua eradicazione (R.D. 1266 del 01/07/1926 e D.M. del 27/04/1951): si tratta di ordinanze abrogate ormai da tempo (D.M. del 17/04/1998).

INVASIONE DI FORMICHE VOLANTI

Improvvisamente, decine o centinaia di formiche volanti si accalcano in un locale, provenienti non si sa da dove e dirette non si sa dove. È un fenomeno che si ripete ogni anno, e coincide grossomodo con le sere di luna piena. 

Ciò accade perché è proprio la luna piena ad influenzare l’inizio della stagione riproduttiva in molte specie, di insetti e non solo. 

Le formiche alate che vediamo sono infatti gli individui riproduttori, maschi o femmine, che sciamano fuori dai rispettivi formicai per dare vita ad una breve stagione riproduttiva, e fondare successivamente nuove colonie. 

Le luci artificiali delle nostre case o laboratori disorientano questi piccoli animali, che sono progettati per orientarsi con la sola luce lunare e si smarriscono all’interno dei locali. 

LE TANTE REGINE DI UN FORMICAIO

Primi giorni di maggio: le formiche ormai abbondano nei giardini e nelle case. 

Sono in vendita in molti centri commerciali diversi tipi di “trappoline”: sono scatoline di plastica con all’interno una speciale esca avvelenata. Le formiche operaie che riescono a trovare questi contenitori, entrano, raccolgono il veleno e muoiono. 

Il problema è che attrarre ed eliminare centinaia di operaie non risolve affatto il problema. 

Tutte le specie di formiche delle nostre case formano nidi con parecchie regine, fino a qualche decina. In più, sono molti i casi di nidi “satellite”: in pratica catene di nidi l’uno derivato dall’altro. 

Il segreto per eliminare definitivamente una colonia di formiche, risiede nell’adescare le operaie con un’esca che non mangino subito, ma che portino invece a tutte le regine. 

DISinFESTA applica da tempo questa tecnica con successo, eliminando colonie di formiche anche da interi condomini.