E’ POSSIBILE DISINFESTARE CON METODI BIOLOGICI?

Un intervento di disinfestazione professionale ricorre a macchinari, strumenti e sostanze chimiche, studiati appositamente per questo lavoro. Prima però di ricorrere ad un lavoro di questo genere, capita soprattutto in ambito domestico che i nostri futuri clienti si cimentino in opere di allontanamento, cattura o eliminazione, mediante le tecniche più disparate. I gusci di noce spezzettati per allontanare gli scarafaggi, il latte in un recipiente per attrarre ed imprigionare i serpenti, il borotalco per dissuadere le formiche, sono metodi sulla cui utilità siamo assolutamente scettici. È invece interessante trarre ispirazione da questi tentativi, e chiederci se sia possibile mettere a punto disinfestazioni o dissuasioni con sostanze altrettanto biologiche, anche se non di facilissima reperibilità, o addirittura con organismi vivi.

La natura ha infatti sviluppato infiniti metodi di lotta, o sarebbe meglio dire, di compensazione per equilibrare le dinamiche di popolazione di qualsiasi specie. Anche gli infestanti, quale che sia la loro natura, mammiferi, insetti o altro, hanno nemici naturali atti a contenerli. È proprio per questo motivo che quando una specie viene trasferita ad opera dell’uomo in un habitat sconosciuto, è possibile che vi conosca un successo esagerato, diventando infestante, proprio perché nel nuovo ambiente non trova i nemici naturali che altrove aveva.

Ovunque si indaghi, in tutti i regni degli esseri viventi, sono disponibili sostanze naturali in grado di comportarsi come efficaci alleati per il disinfestatore.

Tra le piante, l’evoluzione di migliaia di esse, immobili ed esposte agli attacchi dei fitofagi, insetti ma non solo, ha da sempre selezionato lo sviluppo di molecole in grado di tenere lontani o uccidere questi antagonisti.

Il più antico rodenticida è da molti considerato il bulbo di una liliacea molto comune lungo le nostre coste. La scilla rossa (Scilla maritima) è appetita da topi e ratti che dopo averla morsa non possono più evitarne gli effetti letali. Per questo i suoi bulbi venivano tradizionalmente lasciati nelle dispense a protezione delle derrate.

Il compito che i vegetali hanno assolto meglio è lo sviluppo di nuovi insetticidi. Le prime piante insetticide che vengono in mente sono crisantemo e tabacco, dalle quali sono state estratte due molecole, rispettivamente il piretro e la nicotina, largamente studiate in chimica. In virtù di questo studio, abbiamo ora a disposizione decine di molecole sintetiche che ne replicano le modalità di azione, appartenenti alle famiglie dei piretroidi e dei nicotinoidi, molecole alle quali ricorre quotidianamente ogni disinfestatore.

Più recente è l’interesse nei confronti del neem. Il suo nome scientifico oggi accettato è Azadirachta indica, mentre è stata invece abbandonata l’altra sua denominazione Melia azadirachta, troppo vicina a M. azedarach, l’albero dei rosari qua e là coltivato nei giardini italiani. Questo albero originario dell’India ha le proprietà più disparate, molte già sfruttate tradizionalmente dagli abitanti delle regioni dove l’albero cresce spontaneo. Da alcuni decenni anche la nostra industria guarda con interesse a queste proprietà, cercando innanzitutto di orientarsi tra le decine di molecole che dai suoi tessuti sono state estratte. Il suo legname viene studiato negli Stati Uniti come materiale da costruzione resistente agli attacchi delle termiti. Dal punto di vista farmacologico essa è tradizionalmente utilizzata come antisettico ed insetticida.

Tra le molecole per noi più interessanti, dalle foglie è stata estratta la nimbina, dotata di proprietà antisettiche che devono ancora essere del tutto chiarite. L’azadiractina è un terpene presente in maggiori concentrazioni nei semi del neem, che sembra possa agire su più vie, inibendo lo sviluppo delle uova, o portando all’interruzione delle capacità trofiche di molti insetti. È caratterizzata da alta degradabilità: <100 ore di semipermanenza se esposto a luce o ad acqua. Accanto all’elevata tossicità sugli insetti, presenta dosi letali elevatissime per i mammiferi: DL50 >3540 mg/Kg testata su R.rattus; in base a questo dato, per noi un avvelenamento da azadiractina è praticamente impossibile. Denota infine una certa selettività nei confronti degli insetti utili, prima tra tutte Apis mellifera. Si tratta di caratteristiche che hanno permesso a questa molecola di essere accettata in agricoltura biologica; per gli scopi di un disinfestatore devono essere tenute ben presenti: sia l’incapacità di permanere a lungo sulle superfici trattate, sia lo spettro di impiego sui diversi insetti infestanti.

Gli olii vegetali sono complessi di sostanze estratte da una singola pianta; non contengono quindi un solo principio attivo, ma il complesso delle molecole attive in quella stessa pianta, spesso con effetti sinergici. L’olio di neem inizia ad essere utilizzato contro gli insetti; più che le sue doti propriamente insetticide, comunque  presenti, se ne sfruttano le capacità insetto-repellenti.

Altri olii vegetali sfruttano il complesso di sostanze repellenti ed insetticide contenute in piante aromatiche quali aglio e rosmarino.

Alghe unicellulari microscopiche ormai di largo utilizzo sono le diatomee, dal cui guscio siliceo si ottiene una polvere fortemente abrasiva. Essa si rivela letale, lacerandone l’esoscheletro, per gli insetti camminatori costretti ad entrarvi a contatto, che vengono portati alla morte per disseccamento. Il suo utilizzo, ad esempio in trattamenti a secco a contatto con impianti elettrici, è potenzialmente di grande utilità.

Tenendo la nostra attenzione su organismi microsopici nostri alleati, Bacillus thuringensis è studiato da più di un secolo, e largamente commercializzato. Agisce come antilarvale, infettando e decimando le popolazioni di ditteri e lepidotteri nei primi stadi di sviluppo. Meno nota è la Saccharapolyspora spinosa. Anch’essa isolata dal terreno è un attinomicete i cui metaboliti sono tossici per gli insetti, sia per ingestione che per contatto.

Passando agli animali, ci sono due “insetticidi” molto efficaci, e dotati di ali: le coccinelle e i pipistrelli. Le prime sono già da decenni oggetto di grande attenzione in agricoltura biologica; si muovono sulle coltivazioni alla ricerca di afidi, di cui sono predatrici, riuscendo ad annientare sul nascere lo sviluppo di un’infestazione. Analogamente alle coccinelle, molti altri insetti predatori o parassitoidi di cocciniglie, afidi, aleurodidi e mosche sono ora commercializzati per l’utilizzo in agricoltura biologica.

Più utili in ambito di pest control sono i pipistrelli; questi mammiferi hanno conosciuto negli ultimissimi anni un gran picco di popolarità. Superate le vecchie paure, essi sono oggi visti da molti di noi come preziosi alleati nella lotta alle zanzare. Le casette in legno destinate ad ospitare i pipistrelli sono state dapprima installate da molte amministrazioni pubbliche per scopi di ricerca e divulgazione; ora sono disponibili in vendita anche per chi le volesse installare sul balcone di casa. Rappresentano un rimedio nobilissimo, anche se mai del tutto risolutivo, al problema delle zanzare, rimedio che non presenta praticamente nessuna contrindicazione, ma solo ricadute positive: la protezione di una specie minacciata e la maggior consapevolezza degli equilibri naturali. A proposito di tali equilibri, un altro vertebrato, la tinca, è oggetto di interesse e di piani di ripopolamento nelle zone risicole; l’intento è quello di contenere le zanzare agendo in questo caso sulla fase larvale. Purtroppo infatti le moderne pratiche agricole, che razionalizzano l’utilizzo di acqua e la sommersione del riso, intaccano l’habitat di molti antagonisti delle zanzare, mettendone a dura prova la sopravvivenza.

Metodi di disinfestazione biologici totalmente naturali, sono difficili da utilizzare. Questi tendono infatti a raggiungere un equilibrio, che può contrastare con i nostri scopi, quasi sempre orientati allo sterminio totale di una qualsivoglia popolazione infestante. In molti casi la natura ha funzionato da ispiratrice per l’opera di disinfestazione, ma fin qui siamo stati capaci di sfruttare solo in minima parte il fine lavoro di ricerca svolto spontaneamente da essa svolto. Lo studio non deve soltanto spingersi avanti, nel definire metodi nuovi, ma anche indietro, nel decodificare quelle strade che sono sempre state battute, alle diverse latitudini, e che originano da precisi meccanismi biologici che sfruttiamo ma ancora non conosciamo.

PER UN BUON MONITORAGGIO, CI VUOLE FIUTO – TOPI

La nostra fantasia, insieme alle vie che la natura ci offre, sono infinite e non cesseranno mai di essere esplorate. In un ospedale italiano è da qualche anno al lavoro un cane molecolare capace di diagnosticare determinati tipi di tumore. Al momento le sue capacità non sono certificate dal punto di vista medico scientifico, ma l’esperienza degli operatori coinvolti dice che questo cane, con il proprio fiuto, esamina i campioni dei pazienti dell’ospedale con rapidità e accuratezza che superano i metodi strumentali convenzionali.

Nel mondo del pest control, l’utilizzo di cani è segnalato nel Regno Unito, ma in ambiti differenti dalla prevenzione. La resistenza al bromadiolone di estese popolazioni di ratti delle chiaviche ha spinto alcuni operatori inglesi a servirsi di cani terrier per cacciare i roditori direttamente nelle loro tane. È un utilizzo interessante dei cani, ma che non fa ricorso al loro prezioso olfatto. Il fiuto dei cani molecolari potrà invece in un futuro, rivelarsi utilissimo nelle fasi più cruciali della lotta integrata agli infestanti.

La lotta integrata si basa su tre fattori concatenati, in ordine di importanza: prevenzione, monitoraggio, difesa attiva. È un concetto ormai ben radicato in molti professionisti. Sono sempre di più coloro i quali conoscono i rischi legati all’ingresso di infestanti, e provvedono a monitorarne correttamente gli accessi.

Sul mercato abbondano i sistemi di monitoraggio: trappole a colla o ad acqua sono prodotte in diversi modelli. L’avvicinamento ad esse viene indotto grossomodo per tre vie: mediante attrattori alimentari, luminosi, o a feromoni. Si tratta di sistemi che opportunamente combinati permettono di catturare un buon numero di animali sgraditi, monitorandone la presenza. Questi sistemi, tuttavia, sono stati sviluppati quasi sempre per affiancare l’industria alimentare; gli insetti sui quali è possibile operare un monitoraggio con strumenti facilmente reperibili sul mercato, sono quelli interessanti per questa industria: roditori, blatte e parassiti delle derrate, volatori o striscianti che siano.

Per tutti gli altri artropodi, i metodi di monitoraggio proposti non mancano, ma sono assenti procedure universalmente utilizzate: nessuno dei sistemi più o meno artigianali che alcuni suggeriscono, è riconosciuto universalmente. È necessario definire protocolli efficaci non solo per blatte e parassiti delle derrate, ma per tutti gli altri infestanti.

Parlando di cimici dei letti: non meritano neppure di essere elencati gli ambiti professionali nei quali è auspicabile un metodo sicuro di monitoraggio o di ricerca. Pensiamo ad esempio ad un albergo, o alla carrozza di un treno. In questi ambiti, l’attenzione e la conoscenza del problema normalmente addetto a pulizie e manutenzioni sono già obiettivi molto problematici. Esistono metodi di monitoraggio, basati su trappole con sistemi di attrazione anche raffinati; ma il risultato purtroppo è che un albergatore non può ancora essere certo dell’assenza o presenza dell’insetto, finché, malauguratamente, non sarà un cliente ad accorgersene.

È nota la complessità nel cercare e trovare tracce di cimici anche da parte di operatori esperti, soprattutto in caso di focolai ai primi stadi. Normalmente si parla di una percentuale di successo del 30% nell’ispezione da parte di un operatore altamente specializzato. Si tratta di un numero non verificato, lontano dalla validità scientifica, ma che può dare un’idea di quanto sia aleatorio il risultato di un qualsiasi sopralluogo, monitoraggio o verifica di un ambiente per la presenza di cimici dei letti. Anche il più esperto disinfestatore, o forse soprattutto il più esperto, sa che dopo lunghi minuti di accurata analisi di una camera d’albero o di un appartamento, non ci sarà mai la certezza assoluta che non ci siano cimici adulte né uova, o che siano localizzate in un determinato punto e non in altri.

Un altro infestante con abitudini spiccatamente criptiche, e per il quale i metodi di monitoraggio con trappole sono da ritenersi ancora inefficienti, è il tarlo. La via maestra rimane quella di affidarsi all’analisi accurata e frequente dei fori, e all’attenzione in fase di pulizia a tracce di rosura o di adulti, attenzione anche qui non sempre possibile da ottenere a livelli soddisfacenti. Eppure la presenza di tarli in legnami pregiati di raccolte museali e monumenti di vario genere non è un problema da poco. Il tarlo non interessa direttamente la salute dei cittadini, come invece accade per gli infestanti in altri ambiti, e per questo si comprende come la lotta a questo insetto patisca qualche decennio di ritardo (*NOTA A MARGINE). Tuttavia un metodo sicuro di monitoraggio dell’insetto e di ricerca, anche in fase larvale, è auspicabile, tenuto conto anche dei costi alti di una disinfestazione, sia essa operata con metodi chimici oppure fisici.

La soluzione all’enigma viene proprio da quanto anticipato all’inizio. Anche per i disinfestatori saranno un giorno possibili le tecniche cinofile di ricerca e monitoraggio. In Nord America, un’associazione che si occupa di regolare e certificare la capacità dei cani addestrati è operativa già da oltre un decennio. In Italia, le prime esperienze in questo senso risalgono solo a pochi anni fa. L’entusiasmo è tuttavia molto incoraggiante, anche se le complicazioni all’orizzonte non mancano.

I cani che accompagnano l’operatore nelle fasi di sopralluogo, monitoraggio e verifica dei risultati raggiunti possono far sollevare più di un sopracciglio. In industrie alimentari o farmaceutiche l’ingresso di unità cinofile porrebbe gravi rischi di infestazione incrociata, ed è difficile da realizzare. Gli infestanti ai quali ci si orienta oggi per la ricerca con i cani sono tipici di tutt’altri contesti.

In ambito museale, l’utilizzo di unità cinofile per la ricerca di infestanti deve avvenire nei giorni o nelle ore di chiusura. Da alcuni mesi è in servizio al “Museum of Fine Arts” di Boston un bracco che perlustra le collezioni durante gli orari di chiusura. Questo per non distrarre i visitatori e soprattutto, per non distrarre il cane, che deve fiutare la presenza di tarli nei legnami o di tarme nelle tele dei quadri o nei tessuti.

Anche nei contesti comunitari, dove si prevede di intervenire alla ricerca di cimici dei letti, l’ingresso dei cani per monitoraggio avviene in modo da non destare troppa curiosità nei frequentatori. Risale al 2008 il primo studio scientifico sull’affidabilità dei cani addestrati specificamente per questo compito. La sostanza chimica rilevata, anzi annusata, è un estratto di pentano delle cimici stesse. In nessun caso, i cani soggetti ai test hanno mai dato falsi allarmi; al contrario, nel 97,5% dei casi le cimici presenti, adulte o uova che fossero, sono state rilevate. Ciò significa che in un solo caso su 40 il cane si è allontanato dalla stanza senza accorgersi che erano presenti da 1 a 5 cimici.

Non solo in caso di monitoraggio, ma anche per un sopralluogo propedeutico alla disinfestazione, l’analisi cinofila può rivelarsi preziosissima, se si pensa all’impegno richiesto per una disinfestazione che interessi un’intera stanza, o addirittura un appartamento, quando le cimici sono poi annidate in ambiti ristrettissimi, o se si pensa al trattamento di una travatura o un soffitto dove i tarli non sono ovunque presenti.

Le applicazioni delle unità cinofile alla disinfestazione sono potenzialmente infinite; per taluni animali, per i quali la disinfestazione è relativamente agevole ed economica, queste strade verranno difficilmente esplorate. Ma riconoscere i percorsi di accesso di una popolazione di roditori, oppure identificare il focolaio di infestazione di un parassita dentro a macchine alimentari sono certamente obiettivi interessanti.

NOTA A MARGINE – Si è fatto riferimento al tarlo come un insetto che non colpisce direttamente la salute dei cittadini. Non bisogna dimenticare però che questo anobide si rivela spesso il veicolo per l’arrivo di meno noti ma fastidiosissimi infestanti, quali Sclerodermus domesticus e Pyemotes ventricosus. Sono due predatori delle larve di tarlo, il primo un insetto imenottero, il secondo un acaro, che non di rado trovano rifugio in vestiti e materassi, oltre che nelle gallerie dei tarli, e pungono l’uomo, con risultati assai fastidiosi.

PRONTO PRO CI INTERVISTA

È online da poche ore la nostra intervista sul blog di ProntoPro, la piattaforma presente in tutta Italia che permette, gratuitamente ed entro poche ore, di ricevere preventivi da professionisti come noi.

Ecco qui il testo completo dell’intervista oppure segui il link su ProntoPro. 

“Prevenire è meglio che disinfestare

Oggi abbiamo intervistato Adriano Castiglioni,che ci ha raccontato cosa sia meglio prevenire nel settore disinfestazioni.

Parlaci un po’ di questa attività. Come è nata?
La ditta Disinfesta è attiva da pochi anni. È nata con l’intento di fornire servizi di alta qualità, stando sempre attenti ad allineare i propri prezzi ai più bassi sul mercato. Questo ci ha dato la possibilità di soddisfare i nostri clienti professionali (aziende ed amministratori di condominio) e di raggiungere un numero sempre più cospicuo di clienti privati, in particolare proprietari di giardini interessati alla disinfestazione contro le zanzare. 

Quali sono i servizi più richiesti?
Oltre alle zanzare, che ci richiedono un grande impegno nella bella stagione, tra aprile e ottobre, gli infestanti per i quali siamo chiamati più spesso durante tutto l’anno sono topi, ratti e scarafaggi. Esistono poi decine di altri insetti, che possono dar vita, in taluni momenti dell’anno, a veri e propri boom. Un insetto poco noto, ma pericolosissimo, è la cimice dei letti. Complice l’incremento dei viaggi aerei intercontinentali, è stata reintrodotta in Italia dopo essere scomparsa decenni fa; i clienti che ci chiamano per problemi legati alla cimice dei letti sono in continuo aumento, e la poca conoscenza che le persone hanno di questo parassita ci preoccupa.

Ci sono dei metodi per prevenire infestazioni di ratti e insetti?
La prevenzione è importantissima. Con i nostri clienti professionali, ad esempio baristi o ristoratori, la soluzione è il dialogo continuo, per individuare insieme ogni eventuale pericolo, sia esso un difetto strutturale come una fessura sotto una porta, o un’abitudine scorretta, come una gestione sbagliata dell’immondizia. Ai clienti privati consigliamo di cercare sempre il consiglio di un esperto. Di fronte a taluni infestanti è necessario e più economico intervenire in fretta, in molti casi invece, siamo noi professionisti a sconsigliare l’intervento, se non è necessario.

Ringraziamo Adriano Castiglioni per l’intervista rilasciataci.”

 

È importante sottolineare sempre che una buona disinfestazione parte sempre dalla prevenzione, e prima ancora dalla conoscenza del problema. Per questo Disinfesta è sempre accanto ai propri clienti, per analizzare il problema, consigliare se intervenire e, ove necessario, passare all’azione.