PICCOLE BUGIE SEMPRE IN AGGUATO

Nell’Italia in bianco e nero, le autorità riconosciute in ogni paese erano il parroco ed il medico condotto, perché a loro tutti affidavano le proprie vite, spirituali e materiali. Ancora oggi, per tutti il medico di base è colui al quale si raccontano senza troppi imbarazzi problemi di ogni genere. Possiamo fidarci della sua riservatezza, e sappiamo quasi istintivamente che la nostra schiettezza lo aiuterà per una diagnosi il più possibile precisa, e quindi efficace.

Ma cosa succede se paragoniamo a queste figure quasi mitiche del nostro immaginario, il ruolo di un artigiano, di un fornitore quale ad esempio il disinfestatore?

Chi contatta un disinfestatore, ha necessità di risolvere il problema urgente di un’infestazione in atto, o intende prevenire eventuali guai, oppure deve regolarizzare la posizione burocratica di un’azienda alimentare. Purtroppo già dal primo contatto queste intenzioni possono rimanere nascoste. La trattativa commerciale affianca il dialogo sulle questioni tecniche, prendendo addirittura in molti casi il sopravvento. Sono frequenti i casi nei quali il cliente crede di dover minimizzare le richieste, poiché si attende che il preventivo e la spesa saranno direttamente proporzionali ad esse. I problemi reali si riveleranno nella loro effettiva complessità solo in una fase successiva.

Possiamo descrivere a tal proposito due casi esemplificativi. Nel richiedere un servizio di derattizzazione, il cliente riferisce di non avere mai visto nulla di sospetto nell’area da proteggere, se non molti anni fa. Problemi di topi e ratti non ce ne sono, ma si vuole procedere comunque ad un piano di controllo, per maggiore sicurezza. Tuttavia, con il primo intervento di ispezione, la presenza murina ci si rivelerà nella sua pienezza. Sia chi ha seguito il sopralluogo, ma soprattutto altre persone presenti, o addetti ai lavori, si apriranno progressivamente, rivelandoci dettagli sempre più accurati su ciò che hanno modo di osservare giorno dopo giorno. Non tardano infine ad arrivare cronache dettagliate delle abitudini di un ratto metodico, che ogni giorno ad orari prefissati percorre gli stessi sentieri, rovina gli stessi sacchi dell’immondizia, e fa perdere le proprie tracce nello stesso pertugio.

Un altro caso: si viene contattati per un semplice monitoraggio degli insetti. Non è altro che una semplice formalità, più un lavoro da burocrati che altro. I documenti necessari sono sempre tanti, e questo è solo uno nel mucchio. Già in fase di sopralluogo però, i primi nodi vengono al pettine. C’è un forte interesse per le metodologie di disinfestazione, caso mai un giorno queste servissero. Guardandoci intorno, tracce sospette ci rivelano la presenza di scarafaggi. Un po’ di sfacciataggine, ed aprendo gli sportelli giusti ecco comparire flaconi di insetticida rivelatori di una battaglia in atto.

Piccole bugie a fin di bene? Spesso il tempo che si perde per non dire tutto ciò che si sa, è davvero tanto, e ciò non conviene né al disinfestatore, né al suo cliente. Quest’ultimo, in particolare, avrebbe tutto l’interesse, una volta scelto il servizio, di far sì che il problema si risolva, e si risolva il più in fretta possibile. Ma è così difficile dire la verità? Non si comportano tutti così, sia chiaro, ma cosa trattiene molti dal raccontare tutto?

Possiamo supporre soltanto due cause: il pudore, e la voglia di risparmiare.

Il pudore è quel sentimento che impedisce, a molti, di ammettere subito di primo acchito, che hanno visto degli scarafaggi nel proprio laboratorio. È comprensibile: un problema del genere, per un pasticcere che ha sempre lavorato con metodo, tenendo sempre in massima considerazione la pulizia e la prevenzione, può essere vissuto come una piccola sconfitta, poiché ne mette in discussione la professionalità.

Il disinfestatore deve assolutamente superare questa barriera, cercando la fiducia di chi gli sta di fronte. Deve innanzitutto essere chiaro che la riservatezza fa parte integrante del nostro lavoro. Nessuno saprà mai che in quel luogo è stata necessaria una disinfestazione. Nessuno saprà neppure che noi siamo arrivati e abbiamo parcheggiato il furgone lì davanti per uccidere gli scarafaggi, e non magari per controllare la caldaia, o prendere le misure per le zanzariere.

Al cliente va poi chiarito che non necessariamente il suo problema è una colpa. Sicuramente ci possono essere buone pratiche da introdurre, o da migliorare. Le strutture nelle quali negozi e laboratori sono inseriti, si rivelano quasi sempre migliorabili. Spesso però neppure le maggiori precauzioni possono evitare la sorte di arrivi indesiderati, e in quel punto ciò che distingue il professionista serio e capace, è la sua tempestività nel provvedere.

È vero che il disinfestatore deve sempre guardare a se stesso come ad un consulente, oltre che una persona che dovrà rimboccarsi le maniche ed affrontare l’infestante; tuttavia il momento giusto per queste azioni può non essere il sopralluogo, se si vuole evitare il rischio di mettere a disagio il cliente. In fase di prima conoscenza è molto più importante costruire la fiducia con il cliente. Chiarire con ogni metodo che “noi siamo come il medico, a noi deve raccontare tutto”. Solo quando ciò sarà chiaro, il cliente si sfogherà, dicendo che in tanti anni non aveva mai visto… e chissà cos’è successo… Si potrà allora avere un dialogo aperto, nel quale valutare insieme quali sono le cause dell’infestazione, e quali possono essere i provvedimenti più efficaci da prendere.

Ma dal punto di vista del disinfestatore, il provvedimento più efficace non è forse il più redditizio?

E qui arriviamo al secondo punto. La voglia di risparmiare, che spesso trattiene il cliente dal raccontare tutto. Chiariamo che si tratta anche in questo caso di meccanismi sia consapevoli sia, più spesso, istintivi. Se descrivo un problema grande, mi si profilerà una spesa grande. Sembra logico ed evidente.

Anche contro questa barriera, la capacità di dialogare e presentare il proprio punto di vista, è decisiva. È innegabile che un lavoro più corposo ingolosisce tutti. Tuttavia il principale veicolo pubblicitario di ogni azienda, assai meno costoso di annunci sul web o inserzioni di ogni tipo, è il passaparola. Un cliente professionale non farà molta fatica a comprendere che, per noi come probabilmente per lui, è importantissimo mostrare innanzitutto la propria professionalità.

Ben venga quindi una soluzione rapida al problema, anche se è poco costosa per il cliente ed immediatamente poco redditizia per il fornitore. Al fornitore tornerà comunque il vantaggio di un biglietto da visita tenuto in buona evidenza. (In certi mesi dell’anno, aggiungo, pure un po’ di spazio libero nell’agenda degli impegni non dispiace!).

Diventeremo mai, quindi, il confessore o il medico condotto della comunità dei nostri clienti? Sicuramente sì, anche se purtroppo per arrivare a ciò serve molto tempo.

PER UN BUON MONITORAGGIO, CI VUOLE FIUTO – TOPI

La nostra fantasia, insieme alle vie che la natura ci offre, sono infinite e non cesseranno mai di essere esplorate. In un ospedale italiano è da qualche anno al lavoro un cane molecolare capace di diagnosticare determinati tipi di tumore. Al momento le sue capacità non sono certificate dal punto di vista medico scientifico, ma l’esperienza degli operatori coinvolti dice che questo cane, con il proprio fiuto, esamina i campioni dei pazienti dell’ospedale con rapidità e accuratezza che superano i metodi strumentali convenzionali.

Nel mondo del pest control, l’utilizzo di cani è segnalato nel Regno Unito, ma in ambiti differenti dalla prevenzione. La resistenza al bromadiolone di estese popolazioni di ratti delle chiaviche ha spinto alcuni operatori inglesi a servirsi di cani terrier per cacciare i roditori direttamente nelle loro tane. È un utilizzo interessante dei cani, ma che non fa ricorso al loro prezioso olfatto. Il fiuto dei cani molecolari potrà invece in un futuro, rivelarsi utilissimo nelle fasi più cruciali della lotta integrata agli infestanti.

La lotta integrata si basa su tre fattori concatenati, in ordine di importanza: prevenzione, monitoraggio, difesa attiva. È un concetto ormai ben radicato in molti professionisti. Sono sempre di più coloro i quali conoscono i rischi legati all’ingresso di infestanti, e provvedono a monitorarne correttamente gli accessi.

Sul mercato abbondano i sistemi di monitoraggio: trappole a colla o ad acqua sono prodotte in diversi modelli. L’avvicinamento ad esse viene indotto grossomodo per tre vie: mediante attrattori alimentari, luminosi, o a feromoni. Si tratta di sistemi che opportunamente combinati permettono di catturare un buon numero di animali sgraditi, monitorandone la presenza. Questi sistemi, tuttavia, sono stati sviluppati quasi sempre per affiancare l’industria alimentare; gli insetti sui quali è possibile operare un monitoraggio con strumenti facilmente reperibili sul mercato, sono quelli interessanti per questa industria: roditori, blatte e parassiti delle derrate, volatori o striscianti che siano.

Per tutti gli altri artropodi, i metodi di monitoraggio proposti non mancano, ma sono assenti procedure universalmente utilizzate: nessuno dei sistemi più o meno artigianali che alcuni suggeriscono, è riconosciuto universalmente. È necessario definire protocolli efficaci non solo per blatte e parassiti delle derrate, ma per tutti gli altri infestanti.

Parlando di cimici dei letti: non meritano neppure di essere elencati gli ambiti professionali nei quali è auspicabile un metodo sicuro di monitoraggio o di ricerca. Pensiamo ad esempio ad un albergo, o alla carrozza di un treno. In questi ambiti, l’attenzione e la conoscenza del problema normalmente addetto a pulizie e manutenzioni sono già obiettivi molto problematici. Esistono metodi di monitoraggio, basati su trappole con sistemi di attrazione anche raffinati; ma il risultato purtroppo è che un albergatore non può ancora essere certo dell’assenza o presenza dell’insetto, finché, malauguratamente, non sarà un cliente ad accorgersene.

È nota la complessità nel cercare e trovare tracce di cimici anche da parte di operatori esperti, soprattutto in caso di focolai ai primi stadi. Normalmente si parla di una percentuale di successo del 30% nell’ispezione da parte di un operatore altamente specializzato. Si tratta di un numero non verificato, lontano dalla validità scientifica, ma che può dare un’idea di quanto sia aleatorio il risultato di un qualsiasi sopralluogo, monitoraggio o verifica di un ambiente per la presenza di cimici dei letti. Anche il più esperto disinfestatore, o forse soprattutto il più esperto, sa che dopo lunghi minuti di accurata analisi di una camera d’albero o di un appartamento, non ci sarà mai la certezza assoluta che non ci siano cimici adulte né uova, o che siano localizzate in un determinato punto e non in altri.

Un altro infestante con abitudini spiccatamente criptiche, e per il quale i metodi di monitoraggio con trappole sono da ritenersi ancora inefficienti, è il tarlo. La via maestra rimane quella di affidarsi all’analisi accurata e frequente dei fori, e all’attenzione in fase di pulizia a tracce di rosura o di adulti, attenzione anche qui non sempre possibile da ottenere a livelli soddisfacenti. Eppure la presenza di tarli in legnami pregiati di raccolte museali e monumenti di vario genere non è un problema da poco. Il tarlo non interessa direttamente la salute dei cittadini, come invece accade per gli infestanti in altri ambiti, e per questo si comprende come la lotta a questo insetto patisca qualche decennio di ritardo (*NOTA A MARGINE). Tuttavia un metodo sicuro di monitoraggio dell’insetto e di ricerca, anche in fase larvale, è auspicabile, tenuto conto anche dei costi alti di una disinfestazione, sia essa operata con metodi chimici oppure fisici.

La soluzione all’enigma viene proprio da quanto anticipato all’inizio. Anche per i disinfestatori saranno un giorno possibili le tecniche cinofile di ricerca e monitoraggio. In Nord America, un’associazione che si occupa di regolare e certificare la capacità dei cani addestrati è operativa già da oltre un decennio. In Italia, le prime esperienze in questo senso risalgono solo a pochi anni fa. L’entusiasmo è tuttavia molto incoraggiante, anche se le complicazioni all’orizzonte non mancano.

I cani che accompagnano l’operatore nelle fasi di sopralluogo, monitoraggio e verifica dei risultati raggiunti possono far sollevare più di un sopracciglio. In industrie alimentari o farmaceutiche l’ingresso di unità cinofile porrebbe gravi rischi di infestazione incrociata, ed è difficile da realizzare. Gli infestanti ai quali ci si orienta oggi per la ricerca con i cani sono tipici di tutt’altri contesti.

In ambito museale, l’utilizzo di unità cinofile per la ricerca di infestanti deve avvenire nei giorni o nelle ore di chiusura. Da alcuni mesi è in servizio al “Museum of Fine Arts” di Boston un bracco che perlustra le collezioni durante gli orari di chiusura. Questo per non distrarre i visitatori e soprattutto, per non distrarre il cane, che deve fiutare la presenza di tarli nei legnami o di tarme nelle tele dei quadri o nei tessuti.

Anche nei contesti comunitari, dove si prevede di intervenire alla ricerca di cimici dei letti, l’ingresso dei cani per monitoraggio avviene in modo da non destare troppa curiosità nei frequentatori. Risale al 2008 il primo studio scientifico sull’affidabilità dei cani addestrati specificamente per questo compito. La sostanza chimica rilevata, anzi annusata, è un estratto di pentano delle cimici stesse. In nessun caso, i cani soggetti ai test hanno mai dato falsi allarmi; al contrario, nel 97,5% dei casi le cimici presenti, adulte o uova che fossero, sono state rilevate. Ciò significa che in un solo caso su 40 il cane si è allontanato dalla stanza senza accorgersi che erano presenti da 1 a 5 cimici.

Non solo in caso di monitoraggio, ma anche per un sopralluogo propedeutico alla disinfestazione, l’analisi cinofila può rivelarsi preziosissima, se si pensa all’impegno richiesto per una disinfestazione che interessi un’intera stanza, o addirittura un appartamento, quando le cimici sono poi annidate in ambiti ristrettissimi, o se si pensa al trattamento di una travatura o un soffitto dove i tarli non sono ovunque presenti.

Le applicazioni delle unità cinofile alla disinfestazione sono potenzialmente infinite; per taluni animali, per i quali la disinfestazione è relativamente agevole ed economica, queste strade verranno difficilmente esplorate. Ma riconoscere i percorsi di accesso di una popolazione di roditori, oppure identificare il focolaio di infestazione di un parassita dentro a macchine alimentari sono certamente obiettivi interessanti.

NOTA A MARGINE – Si è fatto riferimento al tarlo come un insetto che non colpisce direttamente la salute dei cittadini. Non bisogna dimenticare però che questo anobide si rivela spesso il veicolo per l’arrivo di meno noti ma fastidiosissimi infestanti, quali Sclerodermus domesticus e Pyemotes ventricosus. Sono due predatori delle larve di tarlo, il primo un insetto imenottero, il secondo un acaro, che non di rado trovano rifugio in vestiti e materassi, oltre che nelle gallerie dei tarli, e pungono l’uomo, con risultati assai fastidiosi.

DOVREMO FORSE IMPARARE A CONVIVERE CON I RATTI?

La popolazione di New York ammonta ad otto milioni di abitanti. O sono trentadue? Oppure due milioni soltanto? Se i dati sulla popolazione umana delle grandi città sono sempre piuttosto attendibili, migliaio più migliaio meno, i numeri che riguardano la popolazione di ratti degli stessi centri urbani sono più incerti, figli di leggende metropolitane o di censimenti seri, che rimarranno comunque sempre delle stime.

E non sono poche le metropoli dove si direbbe che i padroni di casa siano non gli uomini, ma i ratti. Sembra ad esempio che nel centro urbano di Parigi gli abitanti siano due milioni, a fronte di quattro o più milioni di roditori. Numeri invertiti a Londra, dove secondo recenti stime solo un milione e mezzo di ratti fa compagnia ad otto milioni di cittadini “autorizzati”.

Sgombrare questi territori dai ratti è un sogno irrealizzabile. Le grandi città europee soffrono caratteristiche strutturali che ne aumentano senza dubbio il fascino, ma che sono il loro tallone d’Achille quando si tratta di inseguire e stanare i roditori. Sono milioni gli anfratti dove possono annidarsi, e i passaggi che possono percorrere, impossibili da censire e controllare. Immaginiamo di trovarci a Roma: potrebbe capitarci di avvistare un ratto rovistare dentro ad un cestino dell’immondizia; poi si allontana, per infilarsi furtivo dentro alle griglie in ghisa di una caditoia, dove lo perdiamo di vista; proviamo a indovinare il suo percorso, tra le pareti di cemento che incanalano le acque di scarico provenienti dal marciapiede, fino ad un canale più vecchio, costruito in mattoni rossi; il ratto corre in discesa per qualche decina di metri per raggiungere uno slargo, dove si arrampica su un groviglio di fili, e da lì ad un camera più grande che può essere un semplice scantinato condominiale, oppure un’antica stanza che non vede la luce da duemila anni.

Non solo nelle grandi ed antiche città europee, ma anche in Nord America, stando ad alcuni recenti articoli, il numero di roditori starebbe in molti casi aumentando. I dati cambiano da città a città, ed è inutile raffrontarli: gli approcci utilizzati per la stima del numero di ratti cambiano nei differenti studi; talvolta inoltre c’è la possibilità che alcuni calcoli possano essere indirizzati per compiacere oppure attaccare una determinata amministrazione locale. C’è chi punta il dito su un peggioramento delle condizioni generali dovuto alla recessione economica, che avrebbe portato ad un abbassamento della guardia in particolare su due fronti: abbandono di edifici in zone centrali delle città; diminuzione dei servizi di pulizia o di raccolta rifiuti.

Tornando in Europa, alla fine del 2016 l’amministrazione di Parigi si è attivata con un piano volto a ridurre drasticamente i ratti che ormai avevano preso possesso di considerevoli porzioni della città. Nei mesi successivi, i parchi sono stati chiusi a rotazione per distribuire il veleno. Ciò ha scatenato l’ira di migliaia di cittadini, che hanno immediatamente fatto arrivare la loro petizione alla sindaca, chiedendole di fermare ogni genocidio di animali, per quanto infestanti.

La convivenza con i ratti nelle grandi città sembra destinata a prolungarsi ancora per molto tempo. La vera soluzione del problema non sarà, purtroppo, la completa eliminazione delle colonie di roditori presenti in città , ma il loro controllo entro livelli tollerabili, che non creino disturbo agli … altri abitanti delle città stesse.

Proprio a Parigi si è stimato che un numero di ratti pari a 1,75 volte quello degli uomini potrebbe essere tollerabile. Una stima che a prima vista è parecchio permissiva nei loro confronti. Per arrivare a numeri simili, sarebbe sufficiente ricorrere scrupolosamente ad una serie di buone pratiche, prima ancora di utilizzare veleni diretti ad eliminare i ratti direttamente.

Si parte dalla pulizia e dalla manutenzione delle due infrastrutture pubbliche più utilizzate dai roditori: marciapiedi e fognature. In superficie la pulizia deve essere frequente. I cestini per la dell’immondizia vanno svuotati spesso, almeno ogni giorno. I ratti hanno abitudini preferibilmente notturne o crepuscolari; questo dovrebbe essere considerato in ogni pianificazione di nettezza urbana, per impedire che proprio durante le ore più buie, si allestiscano sui marciapiedi abbondanti banchetti protetti da semplici sacchi di plastica. La raccolta dei rifiuti va effettuata puntualmente, con orari stringenti, in modo che l’attesa delle immondizie sulle aree pubbliche sia limitata a poche ore, o meno. Inutile dire che l’attenzione delle amministrazioni dovrebbe andare di pari passo con l’educazione dei cittadini. Ogni comportamento scorretto del singolo, rischia infatti di vanificare gli sforzi altrui, o di renderli più onerosi.

La corretta manutenzione delle fognature è un’urgenza dettata da pericoli ben più immediati della presenza di ratti, quali gli allagamenti, ma comunque evitare ogni accumulo di materiali nei condotti si rivela un deterrente anche per gli infestanti.

I nemici naturali dei ratti sono parecchi. Adottarli o incentivare la loro presenza in città potrebbe essere una soluzione, sebbene con alcune riserve. Il più citato tra i nemici naturali è il gatto. Tuttavia i gatti domestici ben difficilmente si rivelano risolutivi nella lotta ai ratti; di contro, i gatti randagi possono rivelarsi cacciatori più efficienti, ma in ultima analisi possono anche comportare guai igienici a loro volta. Curioso è il caso di Chicago, dove le aree periferiche, ma anche alcuni parchi e zone residenziali sono frequentate da una popolazione stabile di coyote: questi grossi carnivori, nella zona urbana hanno una dieta per più del 40% costituita dai roditori. Altri animali molto elusivi, ma implacabili nemici di ratti e topi, sono gli uccelli predatori: di giorno effettuano incursioni in città rapaci come il gheppio ed il falco pellegrino; hanno abitudini notturne gli strigiformi, dalla più piccola civetta fino al gufo reale, che abbiamo osservato a caccia di ratti in una discarica di periferia. Favorire la presenza di tutti questi animali non è affatto semplice: chi vive in città non li vede, e spesso non li riconosce neppure; in centro vanno sicuramente salvaguardate le aree verdi, che fanno loro da rifugio.

Ai singoli cittadini spetta invece la cura delle proprietà private, siano essi spazi produttivi, commerciali o residenziali. Ovviamente gli immobili più a rischio sono quelli dove si lavora il cibo: bar, ristoranti e laboratori alimentari devono essere ben costruiti, per impedire o perlomeno per non facilitare l’accesso di topi e ratti. Nel nostro Paese, le norme sanitarie impongono comunque un controllo molto attento, ai sensi della normativa HACCP, che forse non li rende protetti in assoluto, ma sicuramente ne fa i luoghi più attentamente vigilati della città. Per gli altri immobili, produttivi o residenziali, si pone l’attenzione su due aspetti: le immondizie e l’abbandono.

In primo luogo, lo stoccaggio delle immondizie e la pulizia degli spazi e dei locali a ciò destinati, è uno strumento chiave per il contrasto ai ratti. I bidoni devono sempre rimanere chiusi, e per evitare che la spazzatura debordi o si accumuli all’esterno, è preferibile che il numero di contenitori destinati alla raccolta sia abbondante.

Il secondo aspetto sul quale ci concentriamo è l’abbandono degli immobili, che va sempre considerato come un fattore di pericolo. I ratti sono opportunisti, e non tendono a formare grosse comunità distanti dall’uomo; tuttavia, un edificio abbandonato in un centro urbano è per i roditori l’occasione per trovare un rifugio in condizioni salubri, spesso a pochi metri dalla fonte di approvvigionamento, che siamo noi con le nostre attività. Gli immobili abbandonati dovrebbero essere soggetti ad un derattizzazione ancora più attenta di quelli in utilizzo, specie nei mesi che precedono ristrutturazioni o abbattimenti, che per forza di cose metteranno in movimento la colonia murina che li occupava.

E la derattizzazione? È senza dubbio l’ultima ratio. Va considerata come l’arma a disposizione delle amministrazioni pubbliche, ma soprattutto dei cittadini e delle imprese, per tenere sotto controllo i ratti che intendono frequentare cortili ed immobili.

Per fare questo, l’utilizzo dei consueti veleni anticoagulanti deve essere affiancato da altre tecniche, che si fanno preferire per ragioni etiche ed ecologiche, o forse semplicemente logiche. Pensiamo infatti che i predatori selvatici dei ratti e dei topi, sui quali potremmo fare affidamento per il contenimento della popolazione di roditori, finiscono inevitabilmente per accumulare nel fegato cospicui quantitativi di residui tossici, intossicandosi a loro volta. In alternativa ai veleni anticoagulanti, metodi disabituanti e teoricamente perfetti come aromi o radiazioni non danno risultati soddisfacenti. Si deve quindi ricorrere alla cattura: le colle non si fanno preferire soprattutto per ragioni etiche, perché sottopongono il malcapitato ad un’agonia troppo lunga. Le trappole a scatto, o per elettrocuzione, garantiscono invece una fine immediata e praticamente indolore. Il loro utilizzo però non è affatto semplice né economico, perché i ratti riconoscono i pericoli ed apprendono molto facilmente come evitarli. Le trappole devono essere camuffate e spostate in continuazione, innalzando l’onere relativo alla manodopera impiegata.

Rassegniamoci dunque, la guerra contro i ratti non sarà quindi vinta molto presto, se mai lo sarà. Consoliamoci sapendo che i ratti, adattatisi alla vita cittadina, hanno bisogno di noi, dei rifugi che gli costruiamo e del cibo che gli offriamo. È nelle nostre mani, nelle nostre buone abitudini, la soluzione del problema.

PRONTI AD INCONTRI CON AVVERSARI AGGRESSIVI

A proposito di Dispositivi di Protezione Individuale, una categoria molto particolare si può considerare riservata ai disinfestatori. Alcuni animali dei quali infatti ci occupiamo non sono affatto inoffensivi.

Abbiamo accennato la scorsa settimana al possibile morso dei ratti. Anche durante il più noioso controllo di derattizzazione, anche se è molto difficile, è comunque possibile imbattersi in un roditore vivo, sicuramente spaventato ed aggressivo. Si tratta di un’eventualità remota, ma potenzialmente pericolosissima. Un professionista degno di questo nome, dovrebbe essere preparato a questa evenienza. I guanti anti-taglio, lo abbiamo già detto, sono la prima e necessaria difesa in quest’ottica. Anche con i guanti, tuttavia, se d’improvviso ci troviamo un ratto a pochi centimetri dalle dita, è umano e istintivo fare un salto all’indietro. Una scena simile però, al cliente che ci vede, farebbe una cattiva impressione. Meglio quindi imparare una serie di gesti automatici, che impediscano di sorprendere un ratto o un topo e soprattutto, di farci sorprendere da esso: apriamo il contenitore di esca in modo da offrirgli un’eventuale via di fuga che non siano le nostre mani; annunciamo il nostro arrivo muovendo il contenitore stesso, o facendo rumore.

Sono comunque più concreti i rischi di imbatterci con un altro tipo di animali target. Più piccoli, ma molto più determinati ed aggressivi, gli artropodi in grado di arrecare seri danni all’uomo sono numerosi. Alcuni li incontriamo molto spesso.

Si parla comunemente di api, vespe e calabroni per indicare degli imenotteri a strisce gialle e nere. Sono designazioni molto approssimative, che possono indurre in errore e in falsi allarmi. Gli insetti che appartengono al taxon degli Aculeati, sono generalmente tutti dotati del ben noto pungiglione, ma sono pochi quelli dai quali difenderci.

Ad essere davvero pericolose sono ovviamente le specie gregarie, poiché quando ci imbattiamo in una colonia, più individui ci possono attaccare e pungere contemporaneamente. Avvicinarsi ad una colonia di vespe è pertanto un’operazione da svolgere con grande cautela. Durante una disinfestazione, occorre innanzitutto conoscere la specie con la quale si ha a che fare, e sapere così quanto si potrà rivelare aggressiva.

Gli sfecidi, ad esempio, sono una famiglia di vespe molto comuni, specie all’interno delle case. Sono solitarie o blandamente gregarie, implacabili cacciatrici di ragni, mentre nei nostri riguardi si rivelano sempre assai tolleranti. Tra le specie che formano colonie, i calabroni, appartenenti alla specie Vespa crabro, e le vespe di terra, Vespula germanica e simili, sono le più importanti per pericolosità e frequenza di ritrovamento. Polistes gallica è invece la vespa più diffusa su finestre e altri manufatti, ma è poco aggressiva, così come è molto rara, sebbene possibile, la puntura dei bombi, Bombus terrestris e simili.

La puntura di tutti questi insetti è più o meno dolorosa a seconda della specie che ci ha aggredito, di chi la subisce, e della zona del corpo colpita. Il pericolo vero non è però il dolore, ma la reazione allergica al veleno iniettato. In casi estremi, questa può portare ad uno shock anafilattico, ed è necessario rivolgersi ad un’assistenza specializzata. In qualunque località ci si trovi, specie se da soli, prima di iniziare il lavoro è meglio ripassare mentalmente a chi rivolgersi in caso di emergenza, e tenere il telefono a portata di mano, per prevenire il panico che, nel malaugurato caso di una serie di punture, potrebbe arrivare.

Mentre ci si avvicina al nido, e nella successiva disinfestazione, occorre sapersi muovere in modo da non allarmare gli insetti, o quando questo è inevitabile, nel non rendersi troppo visibili da parte loro. Identificare da dove viene la luce, prevedere come si comporteranno le vespe durante l’emergenza, e dove andranno istintivamente a cercare il loro nemico, è molto importante. Si ridurranno così quasi a zero le possibilità di incontri a tu per tu, e di conseguenti punture. La rimozione del favo dovrà avvenire nei tempi corretti. L’errore che abbiamo visto fare a molti non professionisti è tentare di gettarlo in un contenitore chiuso quando le vespe sono ancora vive; certo, è una pratica sbrigativa, ma molto molto pericolosa. Meglio eseguire prima la disinfestazione e poi la rimozione, lasciando qualche minuto di sicurezza tra le due fasi.

Infine l’abbigliamento: questo deve sigillare completamente il corpo, testa e mani comprese, senza lasciare alcun ingresso aperto agli insetti. Vespe e calabroni, durante una disinfestazione, possono diventare estremamente aggressivi, e quando riconoscono l’operatore come fonte di pericolo per il loro nido, non esitano ad attaccarlo. Oltre a stivali, o a normali calzature di sicurezza, ben allacciate, sono necessari guanti e tuta anti-punture. La tuta deve essere concepita in modo da potersi chiudere completamente con cerniere, per sigillare il corpo fin sulla testa. Questo è ancora più necessario per via del caldo che essa può procurare, che fa sudare l’operatore e che lo rende quindi più rintracciabile dagli organi olfattivi degli insetti. La tuta, d’altra parte, non può essere leggera, deve garantire uno spessore che non sia attraversabile dal pungiglione. In punti chiave, quale ad esempio la nuca, dove il tessuto si tende a diretto contatto con la pelle, lo spessore può comunque non essere sufficiente. Occorre perciò conoscere il proprio DPI, e rinforzarlo, indossando un cappello o vestiti spessi sotto la tuta. Davanti agli occhi si trovano le retine metalliche antinsetto; sono piuttosto rigide, e mentre le si indossa, vanno accomodate in modo che non tocchino pericolosamente il viso. I guanti infine, che nelle operazioni di disinfestazione proteggono la zona più esposta, dove una vespa arriva prima, devono essere specifici, in cuoio, e muniti di elastico che li saldino all’avambraccio.

Indossare tutto questo armamentario rende goffi e può sembrare non necessario, ed in effetti quasi mai lo è. Nessuno può però prevedere quando si farà una manovra sbagliata, che allarmi gli insetti, con esiti che potrebbero rivelarsi drammatici. È questo un altro caso nel quale mostrarsi molto prudenti non è affatto un sintomo di poca dimestichezza con il lavoro, ma anzi di massima professionalità.

Oltre a ratti e vespe, altri animali dai quali ci potremmo difendere sono gli ofidi, ovvero i serpenti, per allontanare i quali talvolta vengono chiamati i disinfestatori. Soltanto le vipere sono in grado di mordere l’uomo iniettandogli del veleno. L’esperienza ci insegna che quasi sempre i nostri interlocutori, e non solo le nostre interlocutrici, per una paura atavica tendono ad identificare come vipera qualunque serpente, anche il più innocuo. È vero che riconoscere una vipera, tenendosi ad una distanza di sicurezza, non è semplice ad un occhio inesperto. Si tenga però sempre presente che nel nostro territorio, il morso di una vipera può essere doloroso ma molto difficilmente è fatale. Inoltre, il serpente dei sette passi in Italia non esiste; anche il veleno delle nostre vipere più pericolose ha un’azione molto lenta all’interno del sistema circolatorio. Qualunque manovra di primo soccorso, dalla stretta con un laccio, all’aspirazione della puntura con la bocca, fino al siero antivipera del quale in passato si è abusato, è più pericolosa che risolutiva. Avvicinarsi senza eccessiva fretta ad un pronto soccorso, per cure specializzate, è sempre la scelta più saggia.

Non ci soffermiamo su ragni e scorpioni, le cui punture sono evitabili con i normali DPI che si indossano durante una disinfestazione. Gli ultimi animali potenzialmente aggressivi che citiamo sono le zanzare. Capita di agire in contesti dove in effetti la presenza di zanzare è tale da impedire di lavorare serenamente. Quando si può operare all’interno di un pick-up, finestrini alzati ed aria condizionata tengono lontano ogni problema, ma questo non è sempre possibile. Nei casi più gravi si può quindi ricorrere ad un equipaggiamento specifico; esistono tute e copricapi più leggeri e facili da indossare rispetto alle tute anti-puntura per le vespe. Di norma però per tenere lontane le zanzare, basta del repellente, sopra e sotto un abbigliamento non specifico. Se invece la situazione è insostenibile, avremo almeno buon gioco nel convincere il cliente ad operare in futuro un’attenta prevenzione.

ZANZARE

Non conosciamo nessuno che apprezzi le zanzare. Con le loro punture possono toglierci il piacere delle serate fresche d’estate, e di notte basta il loro ronzio per negarci il sonno.

In Italia se ne conoscono circa 60 specie diverse. Alcune, come la zanzara anofele vettore della malaria, hanno rappresentato nei secoli scorsi una seria minaccia per la nostra salute, ed ora la loro diffusione è stata notevolmente ridotta. Altre, come la zanzara tigre Aedes albopictus, sono presenti sul nostro territorio solo da pochi anni.

La zanzara più comune da noi è Culex pipiens, di abitudini notturne. La zanzara tigre colpisce invece preferenzialmente nelle ore crepuscolari. Segnaliamo inoltre Ochleranthus caspius, fastidiosissima anche nelle ore del giorno, soprattutto nelle province risicole.
Chi non sa che zanzara sta combattendo, vi farà soltanto perdere tempo e denaro. Alcune zanzare sono in grado di volare per chilometri, altre non sono invece in grado di percorrere che poche decine di metri. Enormi sono anche le differenze riguardo alla riproduzione, per ricercare ed eliminare le larve.

Un attento sopralluogo porta a conoscere con chiarezza il problema da risolvere. Successivamente si pianificano più operazioni coordinate: con azione adulticida per dare immediato sollievo alle persone e, cosa di fondamentale importanza, con azione larvicida per interrompere il processo riproduttivo.
Chi non sa che zanzara sta combattendo, vi farà soltanto perdere tempo e denaro. Alcune zanzare sono in grado di volare per chilometri, altre non sono invece in grado di percorrere che poche decine di metri. Enormi sono anche le differenze riguardo alla riproduzione, per ricercare ed eliminare le larve.

Un attento sopralluogo porta a conoscere con chiarezza il problema da risolvere. Successivamente si pianificano più operazioni coordinate: con azione adulticida per dare immediato sollievo alle persone e, cosa di fondamentale importanza, con azione larvicida per interrompere il processo riproduttivo.

Nella lotta alle zanzare, è essenziale anche la collaborazione tra disinfestatore e cliente. A quest ultimo spetta il controllo puntuale dell’area trattata, per descrivere le abitudini delle zanzare e capire quindi di quali specie di tratti o, soprattutto a inizio stagione, per accorgersi dei periodi di sfarfallamento onde stabilire il calendario dei trattamenti.

CONTRO LE ZANZARE, UNITI SI VINCE!

Si avvicina la stagione calda. In questo momento le uova di Aedes albopictus, la zanzara tigre, stanno per schiudersi e formare larve nelle cavità degli alberi, sotto foglie e siepi, ovunque ci sia semplicemente umidità. 

L’altra zanzara più comune, Culex pipiens, ha trascorso invece la stagione fredda come individuo adulto: dentro a cantine, tombini, ovunque il freddo non sia stato intenso ha potuto sopravvivere, e nelle giornate di sole compie i primi voli per cercare un partner e deporre le uova. 

Cosa fare? 

DISinFESTA vi offre un pacchetto personalizzato di interventi. 

Per la vostra villetta, con una fascia di verde di circa 150 mq: 

1° intervento: trattamento adulticida con atomizzatore + trattamento larvicida con ispezione e disinfestazione dei tombini e di tutti i siti di nidificazione. 
anziché € 70 solo € 25 iva compresa! 

piano annuale di interventi: trattamenti adulticida e larvicida alternati, ogni 30/40 giorni: 
per tre abitazioni confinanti, sconto 45%: anziché € 285 solo € 159 iva compresa!

PRONTO PRO CI INTERVISTA

È online da poche ore la nostra intervista sul blog di ProntoPro, la piattaforma presente in tutta Italia che permette, gratuitamente ed entro poche ore, di ricevere preventivi da professionisti come noi.

Ecco qui il testo completo dell’intervista oppure segui il link su ProntoPro. 

“Prevenire è meglio che disinfestare

Oggi abbiamo intervistato Adriano Castiglioni,che ci ha raccontato cosa sia meglio prevenire nel settore disinfestazioni.

Parlaci un po’ di questa attività. Come è nata?
La ditta Disinfesta è attiva da pochi anni. È nata con l’intento di fornire servizi di alta qualità, stando sempre attenti ad allineare i propri prezzi ai più bassi sul mercato. Questo ci ha dato la possibilità di soddisfare i nostri clienti professionali (aziende ed amministratori di condominio) e di raggiungere un numero sempre più cospicuo di clienti privati, in particolare proprietari di giardini interessati alla disinfestazione contro le zanzare. 

Quali sono i servizi più richiesti?
Oltre alle zanzare, che ci richiedono un grande impegno nella bella stagione, tra aprile e ottobre, gli infestanti per i quali siamo chiamati più spesso durante tutto l’anno sono topi, ratti e scarafaggi. Esistono poi decine di altri insetti, che possono dar vita, in taluni momenti dell’anno, a veri e propri boom. Un insetto poco noto, ma pericolosissimo, è la cimice dei letti. Complice l’incremento dei viaggi aerei intercontinentali, è stata reintrodotta in Italia dopo essere scomparsa decenni fa; i clienti che ci chiamano per problemi legati alla cimice dei letti sono in continuo aumento, e la poca conoscenza che le persone hanno di questo parassita ci preoccupa.

Ci sono dei metodi per prevenire infestazioni di ratti e insetti?
La prevenzione è importantissima. Con i nostri clienti professionali, ad esempio baristi o ristoratori, la soluzione è il dialogo continuo, per individuare insieme ogni eventuale pericolo, sia esso un difetto strutturale come una fessura sotto una porta, o un’abitudine scorretta, come una gestione sbagliata dell’immondizia. Ai clienti privati consigliamo di cercare sempre il consiglio di un esperto. Di fronte a taluni infestanti è necessario e più economico intervenire in fretta, in molti casi invece, siamo noi professionisti a sconsigliare l’intervento, se non è necessario.

Ringraziamo Adriano Castiglioni per l’intervista rilasciataci.”

 

È importante sottolineare sempre che una buona disinfestazione parte sempre dalla prevenzione, e prima ancora dalla conoscenza del problema. Per questo Disinfesta è sempre accanto ai propri clienti, per analizzare il problema, consigliare se intervenire e, ove necessario, passare all’azione.

FACCIAMO IL PUNTO SUL VIRUS ‘ZIKA’

Bisogna temere il virus ‘zika’?

Il virus ‘zika’ è una forma influenzale molto temibile, poiché sebbene i suoi effetti siano quasi sempre trascurabili, in alcune donne incinte sembra purtroppo che abbia indotto come gravissima complicanza, la microcefalea del nascituro. 

Il virus è quasi certamente originario dell’Africa. Si è diffuso in Brasile, si ritiene, all’epoca dei Mondiali di calcio del 2014. Persone portatrici del virus lo hanno trasmesso ad altre, sia probabilmente attraverso contatti sessuali, sia attraverso punture della zanzara Aedes aegypti, che è diffusa in Brasile. 

A che punto è la diffusione di ‘zika’ in Italia?

A tutt’oggi in Italia, e così in tutta Europa, si sono registrati solo pochissimi casi di virus, tutti curati con successo. Si è sempre trattato, fino ad ora, di persone che avevano contratto il virus in Sud America. Nessun contagio è avvenuto in Europa, quindi, così come nessun bambino è stato colpito dal virus. 

Poiché il virus ha infettato solo una manciata di individui in Europa, e poiché la stessa zanzara Aedes aegypti è assente dal nostro territorio, fino ad ora il rischio ‘zika’ rimane solo una minaccia teorica. 

Dobbiamo temere le zanzare per via del virus ‘zika’?

In Italia sono presenti principalmente 2 specie di zanzare: Culex pipiens e Aedes albopictus. La zanzara tigre, stretta parente di A. aegypti, ha già dimostrato negli ultimi anni di poter veicolare virus influenzali molto simili a ‘zika’: ‘dengue’ e ‘chikungunya’. Non è quindi impossibile che in futuro, se dovesse trovarsi a pungere persone infettate da ‘zika’, la zanzara tigre si riveli un possibile vettore del virus.

I DOCUMENTI NECESSARI PER L’AUTOCONTROLLO HACCP

Sono sempre più numerosi i clienti che, rispetto a come si svolgerà il lavoro manuale, sono interessati alla parte documentale: le carte da produrre per tenere traccia di un corretto piano di prevenzione monitoraggio e disinfestazione sono davvero parecchie.

Prima ancora di indossare i guanti e mettersi a tracolla la borsa degli attrezzi, l’operatore è preceduto da un incartamento davvero impegnativo.

Per sapere di più, andiamo a leggere il nostro articolo pubblicato sul nr. 31-02 di “Igiene e Alimenti”, la rivista italiana leader nel settore.

A Milano, e nelle province limitrofe, DISinFESTA opera nella prevenzione dalle infestazioni, nel monitoraggio della presenza/assenza di roditori ed artropodi infestanti, e nella eventuale disinfestazione o derattizzazione ove necessario.