CIMICI DEI LETTI

Si pensava che questo insetto appartenesse ormai definitivamente al nostro passato. È rimasto a lungo confinato nelle cronache di degrado della vita di povera gente o dei soldati al fronte. Le cimici dei letti si sono ripresentate, complice il recente boom dei trasporti aerei.

È un parassita che si nutre del nostro sangue. Di solito non lo vediamo: si nasconde nei cuscini, nei materassi, o comunque vicino a letti o divani, ed è molto rapido nel pungere e fuggire, normalmente di notte. Ci si accorge della sua presenza dal prurito e dai ponfi provocati dalle punture.

La casistica vede arrivare le cimici in casa più di frequente in seguito a: viaggi in Paesi caldi, oppure soggetti all’infestazione, come gli Stati Uniti; transiti in aeroporti ed alberghi di grande passaggio; acquisti di vestiti, valigie ed arredamenti usati o di dubbia provenienza.

Una volta stabilitesi le cimici in casa, una disinfestazione è purtroppo necessaria. Può rivelarsi una lotta molto fastidiosa, poiché è necessario vagliare con cura e nel caso trattare ogni mobile ed ogni oggetto presente in casa, fin dentro gli armadi. Materassi e cuscini devono essere smaltiti.

La tecnica più veloce ed efficiente è il trattamento con  vapore secco surriscaldato e insetticida residuale ove necessario.

Il vantaggio di questo metodo è l’eliminazione immediata delle cimici e delle uova tramite il vapore e, la permanenza sulle superfici dell’insetticida, è in grado di proseguire l’azione e uccidere le cimici non direttamente raggiunte dal trattamento, quando queste usciranno dal loro nascondiglio. Si assicura all’ambiente trattato una copertura prolungata nel tempo, che con tutti gli altri metodi è molto più difficile.

Negli alberghi e nelle comunità in genere è sempre opportuno intraprendere un’azione di monitoraggio dell’assenza di cimici. Ciò permette di rassicurare gli ospiti sulla pulizia scrupolosa, e di poter agire rapidamente con una disinfestazione, al primo focolaio di infestazione, abbattendo così enormemente i costi di un eventuale intervento.

LE CIMICI DEI LETTI HANNO APPENA INIZIATO LA LORO EVOLUZIONE

Uno spettro si aggira per l’Europa, o meglio: un vampiro. Le leggende sui pipistrelli che di notte si nutrono del sangue di giovani vergini, potrebbero avere un sorprendente fondamento. Certo, non stiamo per rivelare che esistono davvero vampiri mutaforma, né pipistrelli in grado di succhiarci il sangue; partiamo dall’inizio.

È ormai accertato che le cimici dei letti vivono accanto a noi da parecchio tempo. La specie Cimex lectularius, in Europa, infesta i rifugi dei pipistrelli. Queste cimici attaccano i chirotteri esattamente come fanno con noi: succhiandone il sangue durante le fasi di riposo. Molti pipistrelli scelgono come posatoio le caverne, luoghi bui e dalla temperatura stabile, nelle quali per millenni anche consistenti gruppi di nostri progenitori europei si sono rifugiati. In questa fase, durata migliaia di anni, le cimici che vivevano nelle caverne, hanno potuto scegliere quale mammifero pungere: tra il pipistrello e l’uomo, fosse esso Homo neanderthalensis oppure H. sapiens. Quando i nostri progenitori hanno abbandonato le caverne, terminò la nostra convivenza con i pipistrelli, ma non quelle con le cimici, che non erano disposte a lasciare il loro nuovo ospite.

È possibile, diremmo anzi probabile, che qualcuno abbia incolpato i pipistrelli, e non le cimici, delle fastidiose punture che si trovavano sul collo dopo una notte di riposo, essendo i primi ben più visibili delle seconde. Ecco come sarebbe nata una leggenda ben diffusa in tutta Europa, e dura a morire. Come poi si sia arrivati a parlare di vampiri, di trasmutazione e di non-morti, ciò esula decisamente dal nostro campo di indagine! Preferiamo concentrarci qui sui molteplici interessanti aspetti evolutivi, osservati a carico delle cimici.

In primo luogo, Cimex lectularius avrebbe iniziato a pungere per primi i chirotteri, e non l’uomo. La storia evolutiva di questi mammiferi, e in particolare la loro presenza nelle caverne, è infatti molto più antica della nostra. Furono quindi loro ad incontrare, nelle cavità della roccia, degli emitteri in grado di nutrirsi del loro sangue.

Queste popolazioni selvatiche di Cimex lectularius, cavernicole e non sinantropiche, esistono tuttora, e sono state analizzate dal punto di vista genetico. Fanno quello che probabilmente avevano sempre fatto, da prima che noi arrivassimo in Europa, colonizzassimo le caverne e successivamente le abbandonassimo. Vivono in antri bui e umidi, e nell’oscurità si nutrono del sangue di mammiferi diversi da noi: i pipistrelli in primo luogo, ma presumibilmente qualunque altro mammifero col quale potrebbero venire a contatto.

Si tratta di popolazioni a prima vista estremamente simili a quelle sinantropiche, ma con alcune significative differenze. Innanzitutto, la diversità genetica tra le cimici selvatiche è molto ampia. Per ogni singolo gene, vengono osservati molti più alleli. Questo è un indizio che si tratta della popolazione originaria, dalla quale si è staccata ed evoluta la cimice sinantropica.

È stato studiato il flusso genico tra le cimici selvatiche e quelle sinantropiche, e tra diverse popolazioni di cimici selvatiche. Se tra le popolazioni selvatiche il flusso genico è molto scarso, tra le selvatiche e le sinantropiche questo è inesistente. Era un risultato prevedibile: infatti, per una cimice è difficile essere trasportata da un sito di rifugio ad un altro, potendovi così rimescolare il proprio patrimonio genetico. Perché ciò accada, è necessario che rimanga avvinghiata al suo animale ospite, un pipistrello, nel suo improbabile trasferimento da un grotta ad un’altra.

Ancora più improbabile, per non dire impossibile, è ormai il passaggio di una cimice da pipistrello a uomo. Ai fini della riproduzione, e del rimescolamento genetico, le due tipologie di cimici sono quindi ormai separate tra loro.

Il patrimonio genetico delle cimici sinantropiche è più povero delle selvatiche, e questo dato è in linea con una regola comune della speciazione, il fenomeno di creazione di una nuova specie. Quella che supponiamo sia in atto, è una speciazione simpatrica, che avviene cioè non per isolamento geografico di due popolazioni in origine identiche, ma per meccanismi più sottili: in questo caso per la scelta di un nuovo ospite da parassitare, e per il cambiamento di habitat da parte di questo ospite: l’uomo, che non vive più nelle caverne.

Cimex lectularius sta quindi distaccando dalla specie originaria infestante i pipistrelli, una seconda specie che infesta l’uomo. Gli individui che hanno seguito l’uomo nell’abbandono delle caverne erano relativamente pochi; povero fu quindi il patrimonio genetico, ovverossia il numero di alleli per ogni singolo gene, che portarono con sé. La scarsa biodiversità della popolazione sinantropica non le ha tolto in questi pochi millenni una certa plasticità evolutiva, consentendole di cambiare alcune sue caratteristiche in modo rapido, e lottare ogni notte con il suo ospite, che ha provato in tutti i modi a liberarsi di lei.

Questa lotta tra parassita e ospite ha operato fin qui la spinta maggiore nella differenziazione evolutiva delle cimici dei letti. Le zampe delle cimici sinantropiche sono tendenzialmente più lunghe di quelle che infestano i chirotteri; ciò dimostra che sono più veloci, maggiormente costrette a fuggire dai nostri attacchi.

La seconda differenza riguarda la resistenza agli insetticidi. Il 90% delle cimici dei letti sono resistenti agli insetticidi piretroidi, il gruppo più utilizzato nelle disinfestazioni domestiche, mentre tra le cimici selvatiche la resistenza agli insetticidi è quasi inesistente. Anche questa caratteristica è un evidente adattamento alla pressione evolutiva da noi esercitata. Abbiamo ucciso milioni e milioni di cimici infestanti con lo stesso insetticida, fin quando non hanno iniziato a manifestarsi mutazioni che donavano la resistenza a molecole fino ad allora letali. A contatto con l’uomo, ceppi di cimici resistenti si sono sviluppati e riprodotti, fino a prendere quasi il sopravvento nella nuova popolazione di cimici evolutasi a nostro carico.

Nuova popolazione, oppure nuova specie? Perché due animali siano considerati di due specie diverse, occorre che siano leggibili differenze tra di loro, e che le popolazioni cui appartengono siano stabilmente isolate dal punto di vista riproduttivo. Possiamo quindi già parlare di due diverse specie di cimici? Una, la cimice dei letti originaria, infesta i pipistrelli nelle caverne; l’altra, quella che più meriterebbe il nome di cimice dei letti, è ospite dell’uomo.

La speciazione non è ancora avvenuta, poiché le due popolazioni sono separate dalla scelta degli ospiti, ma rimangono ancora molto simili tra loro, e seppure non identiche. Individui delle due popolazioni non si incontrano praticamente mai, ma per ora rimangono assolutamente interfertili. È per questo che, all’atto pratico possiamo parlare di due popolazioni distinguibili e ormai definitivamente separate tra loro, ma da un punto di vista teorico, la speciazione si può considerare in atto e non ancora terminata.

C’è qualcosa che noi disinfestatori possiamo sfruttare da questa nuova speciazione? Dobbiamo innanzitutto riconoscere la grande abilità dei nostri ospiti nell’adattarsi a noi, e ai nostri tentativi di contrastarli. La loro recentissima evoluzione ci racconta che in primo luogo li abbiamo inseguiti mentre fuggivano sui nostri giacigli, catturandone moltissimi, ma selezionando i più rapidi, quelli con le zampe più lunghe. Negli ultimi decenni abbiamo selezionati quelli resistenti agli insetticidi.

Curiosamente, da qualche anno sono le cimici ad avere assunto un ruolo attivo nella selezione del rivale. Tra i disinfestatori si è creata una grande differenza, tra chi usa sistemi chimici e vari altri procedimenti, tutti di natura fisica. I metodi fisici di disinfestazione, a base di calore o di freddo, o persino di semplice attrazione e cattura, sono tutti più complessi, perché richiedono massima attenzione e grande perizia da parte dell’operatore. Sono anche più costosi, oltre che per il motivo appena descritto, per la necessità di macchinari specifici. Tuttavia si può ipotizzare che siano destinati, se vogliamo insistere ad utilizzare un linguaggio evoluzionistico, ad avere il sopravvento. Fenomeni di resistenza al vapore o alla criodisinfestazione saranno ben difficili, se non impossibili da osservare. Restiamo alla finestra, e continueremo ad osservare le diatribe tra i nostri colleghi disinfestatori, senza formulare previsioni su quale pratica tra quelle fino ad ora proposte, alla fine prevarrà.

PRONTI AD INCONTRI CON AVVERSARI AGGRESSIVI

A proposito di Dispositivi di Protezione Individuale, una categoria molto particolare si può considerare riservata ai disinfestatori. Alcuni animali dei quali infatti ci occupiamo non sono affatto inoffensivi.

Abbiamo accennato la scorsa settimana al possibile morso dei ratti. Anche durante il più noioso controllo di derattizzazione, anche se è molto difficile, è comunque possibile imbattersi in un roditore vivo, sicuramente spaventato ed aggressivo. Si tratta di un’eventualità remota, ma potenzialmente pericolosissima. Un professionista degno di questo nome, dovrebbe essere preparato a questa evenienza. I guanti anti-taglio, lo abbiamo già detto, sono la prima e necessaria difesa in quest’ottica. Anche con i guanti, tuttavia, se d’improvviso ci troviamo un ratto a pochi centimetri dalle dita, è umano e istintivo fare un salto all’indietro. Una scena simile però, al cliente che ci vede, farebbe una cattiva impressione. Meglio quindi imparare una serie di gesti automatici, che impediscano di sorprendere un ratto o un topo e soprattutto, di farci sorprendere da esso: apriamo il contenitore di esca in modo da offrirgli un’eventuale via di fuga che non siano le nostre mani; annunciamo il nostro arrivo muovendo il contenitore stesso, o facendo rumore.

Sono comunque più concreti i rischi di imbatterci con un altro tipo di animali target. Più piccoli, ma molto più determinati ed aggressivi, gli artropodi in grado di arrecare seri danni all’uomo sono numerosi. Alcuni li incontriamo molto spesso.

Si parla comunemente di api, vespe e calabroni per indicare degli imenotteri a strisce gialle e nere. Sono designazioni molto approssimative, che possono indurre in errore e in falsi allarmi. Gli insetti che appartengono al taxon degli Aculeati, sono generalmente tutti dotati del ben noto pungiglione, ma sono pochi quelli dai quali difenderci.

Ad essere davvero pericolose sono ovviamente le specie gregarie, poiché quando ci imbattiamo in una colonia, più individui ci possono attaccare e pungere contemporaneamente. Avvicinarsi ad una colonia di vespe è pertanto un’operazione da svolgere con grande cautela. Durante una disinfestazione, occorre innanzitutto conoscere la specie con la quale si ha a che fare, e sapere così quanto si potrà rivelare aggressiva.

Gli sfecidi, ad esempio, sono una famiglia di vespe molto comuni, specie all’interno delle case. Sono solitarie o blandamente gregarie, implacabili cacciatrici di ragni, mentre nei nostri riguardi si rivelano sempre assai tolleranti. Tra le specie che formano colonie, i calabroni, appartenenti alla specie Vespa crabro, e le vespe di terra, Vespula germanica e simili, sono le più importanti per pericolosità e frequenza di ritrovamento. Polistes gallica è invece la vespa più diffusa su finestre e altri manufatti, ma è poco aggressiva, così come è molto rara, sebbene possibile, la puntura dei bombi, Bombus terrestris e simili.

La puntura di tutti questi insetti è più o meno dolorosa a seconda della specie che ci ha aggredito, di chi la subisce, e della zona del corpo colpita. Il pericolo vero non è però il dolore, ma la reazione allergica al veleno iniettato. In casi estremi, questa può portare ad uno shock anafilattico, ed è necessario rivolgersi ad un’assistenza specializzata. In qualunque località ci si trovi, specie se da soli, prima di iniziare il lavoro è meglio ripassare mentalmente a chi rivolgersi in caso di emergenza, e tenere il telefono a portata di mano, per prevenire il panico che, nel malaugurato caso di una serie di punture, potrebbe arrivare.

Mentre ci si avvicina al nido, e nella successiva disinfestazione, occorre sapersi muovere in modo da non allarmare gli insetti, o quando questo è inevitabile, nel non rendersi troppo visibili da parte loro. Identificare da dove viene la luce, prevedere come si comporteranno le vespe durante l’emergenza, e dove andranno istintivamente a cercare il loro nemico, è molto importante. Si ridurranno così quasi a zero le possibilità di incontri a tu per tu, e di conseguenti punture. La rimozione del favo dovrà avvenire nei tempi corretti. L’errore che abbiamo visto fare a molti non professionisti è tentare di gettarlo in un contenitore chiuso quando le vespe sono ancora vive; certo, è una pratica sbrigativa, ma molto molto pericolosa. Meglio eseguire prima la disinfestazione e poi la rimozione, lasciando qualche minuto di sicurezza tra le due fasi.

Infine l’abbigliamento: questo deve sigillare completamente il corpo, testa e mani comprese, senza lasciare alcun ingresso aperto agli insetti. Vespe e calabroni, durante una disinfestazione, possono diventare estremamente aggressivi, e quando riconoscono l’operatore come fonte di pericolo per il loro nido, non esitano ad attaccarlo. Oltre a stivali, o a normali calzature di sicurezza, ben allacciate, sono necessari guanti e tuta anti-punture. La tuta deve essere concepita in modo da potersi chiudere completamente con cerniere, per sigillare il corpo fin sulla testa. Questo è ancora più necessario per via del caldo che essa può procurare, che fa sudare l’operatore e che lo rende quindi più rintracciabile dagli organi olfattivi degli insetti. La tuta, d’altra parte, non può essere leggera, deve garantire uno spessore che non sia attraversabile dal pungiglione. In punti chiave, quale ad esempio la nuca, dove il tessuto si tende a diretto contatto con la pelle, lo spessore può comunque non essere sufficiente. Occorre perciò conoscere il proprio DPI, e rinforzarlo, indossando un cappello o vestiti spessi sotto la tuta. Davanti agli occhi si trovano le retine metalliche antinsetto; sono piuttosto rigide, e mentre le si indossa, vanno accomodate in modo che non tocchino pericolosamente il viso. I guanti infine, che nelle operazioni di disinfestazione proteggono la zona più esposta, dove una vespa arriva prima, devono essere specifici, in cuoio, e muniti di elastico che li saldino all’avambraccio.

Indossare tutto questo armamentario rende goffi e può sembrare non necessario, ed in effetti quasi mai lo è. Nessuno può però prevedere quando si farà una manovra sbagliata, che allarmi gli insetti, con esiti che potrebbero rivelarsi drammatici. È questo un altro caso nel quale mostrarsi molto prudenti non è affatto un sintomo di poca dimestichezza con il lavoro, ma anzi di massima professionalità.

Oltre a ratti e vespe, altri animali dai quali ci potremmo difendere sono gli ofidi, ovvero i serpenti, per allontanare i quali talvolta vengono chiamati i disinfestatori. Soltanto le vipere sono in grado di mordere l’uomo iniettandogli del veleno. L’esperienza ci insegna che quasi sempre i nostri interlocutori, e non solo le nostre interlocutrici, per una paura atavica tendono ad identificare come vipera qualunque serpente, anche il più innocuo. È vero che riconoscere una vipera, tenendosi ad una distanza di sicurezza, non è semplice ad un occhio inesperto. Si tenga però sempre presente che nel nostro territorio, il morso di una vipera può essere doloroso ma molto difficilmente è fatale. Inoltre, il serpente dei sette passi in Italia non esiste; anche il veleno delle nostre vipere più pericolose ha un’azione molto lenta all’interno del sistema circolatorio. Qualunque manovra di primo soccorso, dalla stretta con un laccio, all’aspirazione della puntura con la bocca, fino al siero antivipera del quale in passato si è abusato, è più pericolosa che risolutiva. Avvicinarsi senza eccessiva fretta ad un pronto soccorso, per cure specializzate, è sempre la scelta più saggia.

Non ci soffermiamo su ragni e scorpioni, le cui punture sono evitabili con i normali DPI che si indossano durante una disinfestazione. Gli ultimi animali potenzialmente aggressivi che citiamo sono le zanzare. Capita di agire in contesti dove in effetti la presenza di zanzare è tale da impedire di lavorare serenamente. Quando si può operare all’interno di un pick-up, finestrini alzati ed aria condizionata tengono lontano ogni problema, ma questo non è sempre possibile. Nei casi più gravi si può quindi ricorrere ad un equipaggiamento specifico; esistono tute e copricapi più leggeri e facili da indossare rispetto alle tute anti-puntura per le vespe. Di norma però per tenere lontane le zanzare, basta del repellente, sopra e sotto un abbigliamento non specifico. Se invece la situazione è insostenibile, avremo almeno buon gioco nel convincere il cliente ad operare in futuro un’attenta prevenzione.

PRONTO PRO CI INTERVISTA

È online da poche ore la nostra intervista sul blog di ProntoPro, la piattaforma presente in tutta Italia che permette, gratuitamente ed entro poche ore, di ricevere preventivi da professionisti come noi.

Ecco qui il testo completo dell’intervista oppure segui il link su ProntoPro. 

“Prevenire è meglio che disinfestare

Oggi abbiamo intervistato Adriano Castiglioni,che ci ha raccontato cosa sia meglio prevenire nel settore disinfestazioni.

Parlaci un po’ di questa attività. Come è nata?
La ditta Disinfesta è attiva da pochi anni. È nata con l’intento di fornire servizi di alta qualità, stando sempre attenti ad allineare i propri prezzi ai più bassi sul mercato. Questo ci ha dato la possibilità di soddisfare i nostri clienti professionali (aziende ed amministratori di condominio) e di raggiungere un numero sempre più cospicuo di clienti privati, in particolare proprietari di giardini interessati alla disinfestazione contro le zanzare. 

Quali sono i servizi più richiesti?
Oltre alle zanzare, che ci richiedono un grande impegno nella bella stagione, tra aprile e ottobre, gli infestanti per i quali siamo chiamati più spesso durante tutto l’anno sono topi, ratti e scarafaggi. Esistono poi decine di altri insetti, che possono dar vita, in taluni momenti dell’anno, a veri e propri boom. Un insetto poco noto, ma pericolosissimo, è la cimice dei letti. Complice l’incremento dei viaggi aerei intercontinentali, è stata reintrodotta in Italia dopo essere scomparsa decenni fa; i clienti che ci chiamano per problemi legati alla cimice dei letti sono in continuo aumento, e la poca conoscenza che le persone hanno di questo parassita ci preoccupa.

Ci sono dei metodi per prevenire infestazioni di ratti e insetti?
La prevenzione è importantissima. Con i nostri clienti professionali, ad esempio baristi o ristoratori, la soluzione è il dialogo continuo, per individuare insieme ogni eventuale pericolo, sia esso un difetto strutturale come una fessura sotto una porta, o un’abitudine scorretta, come una gestione sbagliata dell’immondizia. Ai clienti privati consigliamo di cercare sempre il consiglio di un esperto. Di fronte a taluni infestanti è necessario e più economico intervenire in fretta, in molti casi invece, siamo noi professionisti a sconsigliare l’intervento, se non è necessario.

Ringraziamo Adriano Castiglioni per l’intervista rilasciataci.”

 

È importante sottolineare sempre che una buona disinfestazione parte sempre dalla prevenzione, e prima ancora dalla conoscenza del problema. Per questo Disinfesta è sempre accanto ai propri clienti, per analizzare il problema, consigliare se intervenire e, ove necessario, passare all’azione.

CIMICI DEI LETTI, ANCHE LORO ATTENDONO L’EXPO

Mancano poche settimane all’inizio di Expo 2015, l’evento che porterà nel nostro territorio milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Tra gli insetti infestanti più legati ai viaggi internazionali, il primato spetta sicuramente alla cimice dei letti. Non a caso questo fastidiosissimo parassita si riscontra più facilmente in due ambiti differenti tra loro: ambienti di alto degrado, come campi di accoglienza o campi nomadi, ed alberghi a clientela internazionale, caratterizzati anch’essi da frequente ricambio di ospiti. 

Non è quindi esagerato affermare che anche la cimice dei letti sta attendendo Expo 2015 per diventare un problema serio e consolidato, anche nella nostra regione. In grandi metropoli come New York, questo è già capitato da una decina di anni. 

Quali provvedimenti adottare?

  • Vigilanza continua, ispezionando con cura soprattutto materassi e cuscini; sottovalutare i primi segnali in una camera significa permettere all’animale di diffondersi in maniera incontrollata. Scrivi a DISinFESTA per conoscere il nostro programma di monitoraggio.

  • Non solo i grandi alberghi vengono presi di mira: anche letti, e case in affitto per brevi periodi (per esempio noleggiate tramite piattaforme online); case private abitate da persone che viaggiano molto.

  • Attenzione a mobili e suppellettili acquistati usati: sono possibili fonti di infestazioni.
  • Disinfestazione pronta e finalizzata ad eradicare il problema. A tal proposito, i numerosi metodi “biologici” messi a punto negli ultimi anni sono efficaci nell’immediato, e per giunta fanno a meno di insetticidi, purtroppo però non offrono alcuna copertura nei giorni a venire, permettendo alle uova presenti di schiudersi e reinfestare gli ambienti in modo incontrollato.