SCARAFAGGI RAPIDI A CORRERE E AD EVOLVERSI

La storia della disinfestazione ha radici molto lontane; è facile supporre che anche i nostri progenitori abbiano risposto con uno schiaffo al disturbo di qualche zanzara. Dobbiamo tuttavia attendere fino al XX secolo per avere i primi studi accurati sugli aspetti scientifici che riguardano questo mestiere. Per un’analisi esauriente della biologia dei principali infestanti siamo invece davvero all’inizio, se si eccettua la miriade di studi che hanno riguardato i topi, visti però come cavie da laboratorio e non come nostri commensali.

Gli scarafaggi sono spesso indicati come un fossile vivente, un gruppo di organismi che ha attraversato intere ere geologiche, con morfologia immutata. In effetti gli attuali appartenenti all’ordine Blattoidei sono alcuni casi indistinguibili, per forma e dimensioni, rispetto ad organismi fossili apparsi già a partire dal periodo Carbonifero, 300 milioni di anni fa.

Questa costanza nell’aspetto dei fossili e dei rappresentanti attuali del gruppo, ha anche indotto qualcuno a forzare un po’ la mano: per la fazione negazionista infatti, un animale che appare “all’improvviso” nella sua forma, e non mostra poi evidenti segni di cambiamento, sarebbe la prova dell’inesistenza dell’evoluzione darwiniana; un sillogismo illogico che possiamo tranquillamente trascurare.

Davvero gli scarafaggi non sono mai mutati nelle ultime tre ere geologiche? Non possiamo esserne certi, poiché i caratteri che i fossili ci mostrano, sono solo una parte di ciò che l’animale potrebbe rivelarci, se potessimo osservarlo dal vivo. Quello che è certo è che effettivamente la loro forma si è rivelata immediatamente adatta al ruolo, alla nicchia ecologica che a questo gruppo di animali è toccato occupare.

Gli scarafaggi sono un ordine oggi rappresentato da migliaia di specie, dalla forma piuttosto costante. Abitano luoghi umidi e bui: colonizzano le lettiere sotto le foglie in decomposizione, o le intercapedini dietro la corteccia degli alberi più anziani: ovunque la materia organica si accumuli prima di decomporsi. Tra tutti gli scarafaggi, la specie Blatta orientalis qualche migliaio di anni fa si è trovata fianco a fianco con un mammifero, che come lei frequentava luoghi bui, per riscaldarsi e sentirsi protetto. Quel mammifero eravamo noi, e quello scarafaggio non ci ha più abbandonati.

Insieme a B. orientalis, annoveriamo normalmente altre 4 specie di scarafaggi commensali dell’uomo: Periplaneta americanaSupella longipalpaPolyphaga aegyptiaca e Blattella germanica. La storia di ciascuno di questi infestanti è tutta da scrivere; abbiamo segnalazioni certe a partire da due tre secoli fa, ma è facile che almeno in alcune regioni del globo, essi abbiano affiancato l’uomo da molto più tempo.

Sono tutti questi scarafaggi, realmente dei “fossili viventi”, oppure si sono evoluti in questi secoli o millenni, e lo stanno facendo tuttora, per meglio svolgere il loro ruolo di commensali?

Risale al 2013 un interessante lavoro scientifico che prova quanto già si stava osservando da tempo sul campo. Oggetto di questa ricerca è stata Blattella germanica. È stata la prima tra le specie di scarafaggi comunemente considerate infestanti, ad essere combattuta in modo generalizzato con le esche avvelenate, somministrate nella maggior parte dei casi sotto forma di un gel alimentare, contenente: sostanze attrattive; coformulanti destinati a mantenere la giusta consistenza il più a lungo possibile; e ovviamente quantità, peraltro piccolissime, di veleno.

Dopo non molti anni dalle prime campagne di disinfestazione mediante esche avvelenate, alcuni ceppi di questo scarafaggio hanno iniziato ad evitare le esche, diventando così immuni ai tentativi di disinfestazione, con il metodo che si era rapidamente imposto tra gli addetti. La resistenza, curiosamente, non si è però focalizzata sui principi attivi velenosi che le diverse ditte aggiungono alle esche. Questo era il meccanismo più temuto, o perlomeno il più facilmente prevedibile, dopo che da almeno un secolo osserviamo ceppi di insetti resistenti alle varie molecole “miracolose” che di volta in volta vengono messe a punto dalla ricerca di nuovi insetticidi.

Ciò che è stato osservato non è una resistenza al principio attivo insetticida. Alcune popolazioni di  Blattella germanica ora riconoscono le esche avvelenate, non le assaggiano e quindi non si avvelenano. Come può accadere? Le esche inizialmente messe a punto e commercializzate, hanno sempre utilizzato come sostanze attrattive glucosio e fruttosio. Gli scarafaggi hanno dei recettori intorno alla bocca, i sensilli, deputati a riconoscere i diversi sapori dei cibi che trovano. Alcuni di questi, i recettori del dolce, riconoscono la presenza di sostanze come il glucosio, ed informano il cervello che ci si trova di fronte ad un cibo dolce, che può essere mangiato. Altri riconoscono molecole che vengono classificate come amare; la reazione del loro cervello di fronte a questa informazione è di evitare quel cibo, perché amaro. Tra parentesi questi stessi recettori sono massimamente sensibili alla caffeina, che quindi è per la blattella il cibo da evitare per eccellenza, con buona pace di chi ancora le chiama “blatte del caffè”.

Per una mutazione che ancora andrà indagata, la popolazione resistente di B. germanica ha iniziato ad attivare fortemente i recettori dell’amaro in presenza di glucosio, riconoscendolo come sgradito, e scartandolo come potenziale cibo. Che delusione per il disinfestatore che gli aveva preparato questo manicaretto! Questo scarafaggio evita tutti i cibi contenenti glucosio, ritenendoli amari, e salvandosi la vita di fronte alle esche di prima generazione.

Sebbene al disinfestatore stia molto più a cuore l’immediata applicazione pratica della vicenda, non sfuggono altre valutazioni interessanti cui questa ricerca ci porta. Innanzitutto dobbiamo riflettere su come l’evoluzione sia sempre attiva, e abbia molta più fantasia di quanta possiamo immaginare. Supponiamo che questa avversione al glucosio sia presente allo stato selvatico in molte specie di scarafaggi, che si nutrono a spese di tessuti organici in decomposizione, ed evitano in questo modo alcune sostanze tossiche. B. germanica ha probabilmente conservato questa caratteristica, anche se era ormai inutile, quando ha iniziato a nutrirsi a spese dell’uomo; pochi e rari individui hanno sempre avuto questa avversione, che all’inizio li aveva resi più deboli rispetto agli altri, poiché permetteva loro di nutrirsi di meno; in un secondo momento tuttavia, all’apparire delle esche avvelenate, questo limite ancestrale li ha selezionati come gli unici in grado di sopravvivere in presenza del glucosio, e delle letali sostanze attive ad esso associate.

La seconda valutazione è come categorie come “dolce” e “amaro” siano del tutto soggettive. Non sta scritto da nessuna parte che una molecola sia dolce oppure amara, o meglio: sta scritto solo nei geni di ciascuno di noi, ed è un codice che la natura può riscrivere in qualunque momento.

La rapidità di risposta di Blattella germanica è stata davvero stupefacente, ed inquietante. La minaccia che le arrivava dall’utilizzo dei gel alimentari avvelenati era grave, e la contromisura è stata quasi di certo favorita dall’esistenza di un gene “contrario” al glucosio, già presente in forma marginale nelle popolazioni selvatiche. Il fatto che non si sia dovuta attendere una mutazione genetica stabile, ma che sia bastato selezionare una forma già esistente, ha reso il processo evolutivo rapido e leggibile già dopo pochi anni.

Altri meccanismi evolutivi sono sicuramente stati selezionati, in questo e negli scarafaggi, nel corso di periodi più lunghi a disposizione. La modalità di deposizione delle uova, le esigenze di alimentazione, le abitudini di spostamento e soprattutto la spiccata preferenza per il buio, pur presenti anche in blatte selvatiche mai state commensali dell’uomo, possono avere subito una pressione evolutiva, per difendersi da noi e dalle contromisure abbiamo via via preso contro questi insetti. Ora i nostri metodi di disinfestazione sono senza dubbio molto calibrati, e in certe aree adottati in modo sistematico. Tuttavia il caso mostrato da Blattella germanica ci ricorda come i protocolli debbano essere sempre aggiornati, e possibilmente non monolitici.

PRONTI AD INCONTRI CON AVVERSARI AGGRESSIVI

A proposito di Dispositivi di Protezione Individuale, una categoria molto particolare si può considerare riservata ai disinfestatori. Alcuni animali dei quali infatti ci occupiamo non sono affatto inoffensivi.

Abbiamo accennato la scorsa settimana al possibile morso dei ratti. Anche durante il più noioso controllo di derattizzazione, anche se è molto difficile, è comunque possibile imbattersi in un roditore vivo, sicuramente spaventato ed aggressivo. Si tratta di un’eventualità remota, ma potenzialmente pericolosissima. Un professionista degno di questo nome, dovrebbe essere preparato a questa evenienza. I guanti anti-taglio, lo abbiamo già detto, sono la prima e necessaria difesa in quest’ottica. Anche con i guanti, tuttavia, se d’improvviso ci troviamo un ratto a pochi centimetri dalle dita, è umano e istintivo fare un salto all’indietro. Una scena simile però, al cliente che ci vede, farebbe una cattiva impressione. Meglio quindi imparare una serie di gesti automatici, che impediscano di sorprendere un ratto o un topo e soprattutto, di farci sorprendere da esso: apriamo il contenitore di esca in modo da offrirgli un’eventuale via di fuga che non siano le nostre mani; annunciamo il nostro arrivo muovendo il contenitore stesso, o facendo rumore.

Sono comunque più concreti i rischi di imbatterci con un altro tipo di animali target. Più piccoli, ma molto più determinati ed aggressivi, gli artropodi in grado di arrecare seri danni all’uomo sono numerosi. Alcuni li incontriamo molto spesso.

Si parla comunemente di api, vespe e calabroni per indicare degli imenotteri a strisce gialle e nere. Sono designazioni molto approssimative, che possono indurre in errore e in falsi allarmi. Gli insetti che appartengono al taxon degli Aculeati, sono generalmente tutti dotati del ben noto pungiglione, ma sono pochi quelli dai quali difenderci.

Ad essere davvero pericolose sono ovviamente le specie gregarie, poiché quando ci imbattiamo in una colonia, più individui ci possono attaccare e pungere contemporaneamente. Avvicinarsi ad una colonia di vespe è pertanto un’operazione da svolgere con grande cautela. Durante una disinfestazione, occorre innanzitutto conoscere la specie con la quale si ha a che fare, e sapere così quanto si potrà rivelare aggressiva.

Gli sfecidi, ad esempio, sono una famiglia di vespe molto comuni, specie all’interno delle case. Sono solitarie o blandamente gregarie, implacabili cacciatrici di ragni, mentre nei nostri riguardi si rivelano sempre assai tolleranti. Tra le specie che formano colonie, i calabroni, appartenenti alla specie Vespa crabro, e le vespe di terra, Vespula germanica e simili, sono le più importanti per pericolosità e frequenza di ritrovamento. Polistes gallica è invece la vespa più diffusa su finestre e altri manufatti, ma è poco aggressiva, così come è molto rara, sebbene possibile, la puntura dei bombi, Bombus terrestris e simili.

La puntura di tutti questi insetti è più o meno dolorosa a seconda della specie che ci ha aggredito, di chi la subisce, e della zona del corpo colpita. Il pericolo vero non è però il dolore, ma la reazione allergica al veleno iniettato. In casi estremi, questa può portare ad uno shock anafilattico, ed è necessario rivolgersi ad un’assistenza specializzata. In qualunque località ci si trovi, specie se da soli, prima di iniziare il lavoro è meglio ripassare mentalmente a chi rivolgersi in caso di emergenza, e tenere il telefono a portata di mano, per prevenire il panico che, nel malaugurato caso di una serie di punture, potrebbe arrivare.

Mentre ci si avvicina al nido, e nella successiva disinfestazione, occorre sapersi muovere in modo da non allarmare gli insetti, o quando questo è inevitabile, nel non rendersi troppo visibili da parte loro. Identificare da dove viene la luce, prevedere come si comporteranno le vespe durante l’emergenza, e dove andranno istintivamente a cercare il loro nemico, è molto importante. Si ridurranno così quasi a zero le possibilità di incontri a tu per tu, e di conseguenti punture. La rimozione del favo dovrà avvenire nei tempi corretti. L’errore che abbiamo visto fare a molti non professionisti è tentare di gettarlo in un contenitore chiuso quando le vespe sono ancora vive; certo, è una pratica sbrigativa, ma molto molto pericolosa. Meglio eseguire prima la disinfestazione e poi la rimozione, lasciando qualche minuto di sicurezza tra le due fasi.

Infine l’abbigliamento: questo deve sigillare completamente il corpo, testa e mani comprese, senza lasciare alcun ingresso aperto agli insetti. Vespe e calabroni, durante una disinfestazione, possono diventare estremamente aggressivi, e quando riconoscono l’operatore come fonte di pericolo per il loro nido, non esitano ad attaccarlo. Oltre a stivali, o a normali calzature di sicurezza, ben allacciate, sono necessari guanti e tuta anti-punture. La tuta deve essere concepita in modo da potersi chiudere completamente con cerniere, per sigillare il corpo fin sulla testa. Questo è ancora più necessario per via del caldo che essa può procurare, che fa sudare l’operatore e che lo rende quindi più rintracciabile dagli organi olfattivi degli insetti. La tuta, d’altra parte, non può essere leggera, deve garantire uno spessore che non sia attraversabile dal pungiglione. In punti chiave, quale ad esempio la nuca, dove il tessuto si tende a diretto contatto con la pelle, lo spessore può comunque non essere sufficiente. Occorre perciò conoscere il proprio DPI, e rinforzarlo, indossando un cappello o vestiti spessi sotto la tuta. Davanti agli occhi si trovano le retine metalliche antinsetto; sono piuttosto rigide, e mentre le si indossa, vanno accomodate in modo che non tocchino pericolosamente il viso. I guanti infine, che nelle operazioni di disinfestazione proteggono la zona più esposta, dove una vespa arriva prima, devono essere specifici, in cuoio, e muniti di elastico che li saldino all’avambraccio.

Indossare tutto questo armamentario rende goffi e può sembrare non necessario, ed in effetti quasi mai lo è. Nessuno può però prevedere quando si farà una manovra sbagliata, che allarmi gli insetti, con esiti che potrebbero rivelarsi drammatici. È questo un altro caso nel quale mostrarsi molto prudenti non è affatto un sintomo di poca dimestichezza con il lavoro, ma anzi di massima professionalità.

Oltre a ratti e vespe, altri animali dai quali ci potremmo difendere sono gli ofidi, ovvero i serpenti, per allontanare i quali talvolta vengono chiamati i disinfestatori. Soltanto le vipere sono in grado di mordere l’uomo iniettandogli del veleno. L’esperienza ci insegna che quasi sempre i nostri interlocutori, e non solo le nostre interlocutrici, per una paura atavica tendono ad identificare come vipera qualunque serpente, anche il più innocuo. È vero che riconoscere una vipera, tenendosi ad una distanza di sicurezza, non è semplice ad un occhio inesperto. Si tenga però sempre presente che nel nostro territorio, il morso di una vipera può essere doloroso ma molto difficilmente è fatale. Inoltre, il serpente dei sette passi in Italia non esiste; anche il veleno delle nostre vipere più pericolose ha un’azione molto lenta all’interno del sistema circolatorio. Qualunque manovra di primo soccorso, dalla stretta con un laccio, all’aspirazione della puntura con la bocca, fino al siero antivipera del quale in passato si è abusato, è più pericolosa che risolutiva. Avvicinarsi senza eccessiva fretta ad un pronto soccorso, per cure specializzate, è sempre la scelta più saggia.

Non ci soffermiamo su ragni e scorpioni, le cui punture sono evitabili con i normali DPI che si indossano durante una disinfestazione. Gli ultimi animali potenzialmente aggressivi che citiamo sono le zanzare. Capita di agire in contesti dove in effetti la presenza di zanzare è tale da impedire di lavorare serenamente. Quando si può operare all’interno di un pick-up, finestrini alzati ed aria condizionata tengono lontano ogni problema, ma questo non è sempre possibile. Nei casi più gravi si può quindi ricorrere ad un equipaggiamento specifico; esistono tute e copricapi più leggeri e facili da indossare rispetto alle tute anti-puntura per le vespe. Di norma però per tenere lontane le zanzare, basta del repellente, sopra e sotto un abbigliamento non specifico. Se invece la situazione è insostenibile, avremo almeno buon gioco nel convincere il cliente ad operare in futuro un’attenta prevenzione.

PRONTO PRO CI INTERVISTA

È online da poche ore la nostra intervista sul blog di ProntoPro, la piattaforma presente in tutta Italia che permette, gratuitamente ed entro poche ore, di ricevere preventivi da professionisti come noi.

Ecco qui il testo completo dell’intervista oppure segui il link su ProntoPro. 

“Prevenire è meglio che disinfestare

Oggi abbiamo intervistato Adriano Castiglioni,che ci ha raccontato cosa sia meglio prevenire nel settore disinfestazioni.

Parlaci un po’ di questa attività. Come è nata?
La ditta Disinfesta è attiva da pochi anni. È nata con l’intento di fornire servizi di alta qualità, stando sempre attenti ad allineare i propri prezzi ai più bassi sul mercato. Questo ci ha dato la possibilità di soddisfare i nostri clienti professionali (aziende ed amministratori di condominio) e di raggiungere un numero sempre più cospicuo di clienti privati, in particolare proprietari di giardini interessati alla disinfestazione contro le zanzare. 

Quali sono i servizi più richiesti?
Oltre alle zanzare, che ci richiedono un grande impegno nella bella stagione, tra aprile e ottobre, gli infestanti per i quali siamo chiamati più spesso durante tutto l’anno sono topi, ratti e scarafaggi. Esistono poi decine di altri insetti, che possono dar vita, in taluni momenti dell’anno, a veri e propri boom. Un insetto poco noto, ma pericolosissimo, è la cimice dei letti. Complice l’incremento dei viaggi aerei intercontinentali, è stata reintrodotta in Italia dopo essere scomparsa decenni fa; i clienti che ci chiamano per problemi legati alla cimice dei letti sono in continuo aumento, e la poca conoscenza che le persone hanno di questo parassita ci preoccupa.

Ci sono dei metodi per prevenire infestazioni di ratti e insetti?
La prevenzione è importantissima. Con i nostri clienti professionali, ad esempio baristi o ristoratori, la soluzione è il dialogo continuo, per individuare insieme ogni eventuale pericolo, sia esso un difetto strutturale come una fessura sotto una porta, o un’abitudine scorretta, come una gestione sbagliata dell’immondizia. Ai clienti privati consigliamo di cercare sempre il consiglio di un esperto. Di fronte a taluni infestanti è necessario e più economico intervenire in fretta, in molti casi invece, siamo noi professionisti a sconsigliare l’intervento, se non è necessario.

Ringraziamo Adriano Castiglioni per l’intervista rilasciataci.”

 

È importante sottolineare sempre che una buona disinfestazione parte sempre dalla prevenzione, e prima ancora dalla conoscenza del problema. Per questo Disinfesta è sempre accanto ai propri clienti, per analizzare il problema, consigliare se intervenire e, ove necessario, passare all’azione.

SPECIALE ‘BLATTELLA GERMANICA’

Buon 2016! per il nuovo anno abbiamo pensato ad un regalo speciale per voi: 

Fino al 31/3/2016, sconto speciale per i condomini infestati da Blattella germanica! 

Disinfestazione contro Blattella mediante gel specifico, assolutamente inodore e atossico per l’uomo e gli animali domestici, con effetto a cascata, risultato garantito e protezione prolungata per 2 mesi: sconto speciale: 

DISINFESTAZIONE: € 34,90 IVA INCLUSA, AD APPARTAMENTO 

ULTERIORI SCONTI PER CONDOMINI DI GROSSE DIMENSIONI

BLATTELLA GERMANICA, SCARAFAGGIO COMUNE NEGLI APPARTAMENTI

La blattella adulta è lunga circa 1,5-2 cm, e di color marrone chiaro, ed è caratterizzata da due lunghe antenne; gli individui di stadi giovanili, detti neanidi, di grandezza progressiva, sono più scuri e non hanno ali. La femmina porta sull’addome una lunga protuberanza, detta ooteca, un astuccio nel quale sono conservate le uova in via di sviluppo. Dalla fecondazione, un’ooteca impiega circa 3 settimane per produrre 20-30 neanidi; queste raggiungeranno la maturità sessuale in 1-2 mesi.

Per saperne di più, accedi alla sezione pdf per scaricare la scheda “Blattella germanica”.

Per un preventivo rapido e per una disinfestazione sicura contro Blattella germanica, DISinFESTA opera a Milano, Pavia, Como, Varese e limitrofe: telefona al 320 8992207, o scrivi una mail a info@disinfesta.net.